giovedì 24 agosto 2023

vagabondaggio

C’è come un abisso che separa, a solo cinque anni di distanza l’uno dall’altro, i due più bei road movie del nostro cinema, Il grido (1957) di Michelangelo Antonioni e Il sorpasso (1962) di Dino Risi: entrambi molto “americani” nello spirito, nei loro riferimenti letterari (da Steinbeck a Kerouac), nella loro irrequietezza che si esprime 'on the road' con brutale forza sociale, ma calati in una realtà sociale che è tutta italiana; entrambi pervasi da una disperata vitalità e ben poco consolatori, soprattutto sul finale che non lascia scampo e che in entrambi i casi si conclude con un salto nel vuoto. Nel primo, Aldo (l’americano Steve Cochran) che ha perso la donna e il lavoro si aggira a piedi, con una bambina e una valigia, fra l’Emilia e il Veneto, poi finisce per lavorare in una pompa di benzina facendo il pieno alle prime rare auto di passaggio, prima di mollare ancora una volta il lavoro, ormai incapace di fermarsi; nel secondo, Bruno (Vittorio Gassman) è proprietario di una delle tante auto sportive che ormai hanno conquistato la via Aurelia, fra Lazio e Toscana, su cui corre senza una meta precisa accompagnato da un giovane che ha conosciuto per caso e che “educa” alla vita. Ci sono molti punti di contatto fra i due, eppure anche degli scarti enormi, a cominciare dall’unità di tempo, dove il film di Antonioni si svolge lento e umido lungo un anno di vita, mentre quello di Risi, assolatissimo, lungo un solo giorno d’estate. Ancora, il primo chiude idealmente la prima tragica metà del ‘900, il secondo apre la seconda su una nota apparentemente più scanzonata, e non a caso, nel secondo, Risi prende in giro, attraverso una battuta pronunciata da Bruno, il cinema di Antonioni. Credo non ci siano analisi comparate di questi due film. Se ci sono, vi prego di segnalarmele, se non ci sono prima o poi finirò per scriverne una io. 

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