C’è
come un abisso che separa, a solo cinque anni di distanza l’uno
dall’altro, i due più bei road movie del nostro cinema, Il grido (1957) di Michelangelo Antonioni e Il sorpasso (1962) di Dino Risi:
entrambi molto “americani” nello spirito, nei loro riferimenti letterari
(da Steinbeck a Kerouac), nella loro irrequietezza che si esprime 'on
the road' con brutale forza sociale, ma calati in una realtà sociale che
è tutta italiana; entrambi pervasi da una disperata
vitalità e ben poco consolatori, soprattutto sul finale che non lascia
scampo e che in entrambi i casi si conclude con un salto nel vuoto. Nel
primo, Aldo (l’americano Steve Cochran) che ha perso la donna e il
lavoro si aggira a piedi, con una bambina e una valigia, fra l’Emilia e
il Veneto, poi finisce per lavorare in una pompa di benzina facendo il
pieno alle prime rare auto di passaggio, prima di mollare ancora una
volta il lavoro, ormai incapace di fermarsi; nel secondo, Bruno
(Vittorio Gassman) è proprietario di una delle tante auto sportive che
ormai hanno conquistato la via Aurelia, fra Lazio e Toscana, su cui
corre senza una meta precisa accompagnato da un giovane che ha
conosciuto per caso e che “educa” alla vita. Ci sono molti punti di
contatto fra i due, eppure anche degli scarti enormi, a cominciare
dall’unità di tempo, dove il film di Antonioni si svolge lento e umido
lungo un anno di vita, mentre quello di Risi, assolatissimo, lungo un
solo giorno d’estate. Ancora, il primo chiude idealmente la prima
tragica metà del ‘900, il secondo apre la seconda su una nota
apparentemente più scanzonata, e non a caso, nel secondo, Risi prende in
giro, attraverso una battuta pronunciata da Bruno, il cinema di
Antonioni. Credo non ci siano analisi comparate di questi due film. Se
ci sono, vi prego di segnalarmele, se non ci sono prima o poi finirò per
scriverne una io.
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