“Profezia è un racconto di sole diciotto pagine. Non fatevi ingannare dalle dimensioni perché è un capolavoro...” Antonio D’Orrico.
Ecco, leggo cose come questa (nello specifico una recesione a un libro di racconti di Sandro Veronesi, qui) e mi viene da dire: ma tu che critico sei? O meglio ancora, ma che diavolo di critica fai?
Quella che mentre cerca di salvare la scrittura dal luogo (ormai) comune che una storia è più bella se è più lunga, lo ribadisce all'infinito.
Un capolavoro è un capolavoro e basta, che sia un racconto o un romanzo o una poesia, e le cose lunghe sono anche buone, ma ad altro. “Non fatevi ingannare dalle dimensioni” è, nel suo patetico tentativo di marketing spicciolo, un giudizio di fondo, un rimarcare a parole l'immaturità, o meglio ancora la regressione del lettore medio alle leggi del mercato (quello di strada) che predilige sempre, nei fatti, la quantità alla qualità, purché sia fiction.
Ecco, leggo cose come questa (nello specifico una recesione a un libro di racconti di Sandro Veronesi, qui) e mi viene da dire: ma tu che critico sei? O meglio ancora, ma che diavolo di critica fai?
Quella che mentre cerca di salvare la scrittura dal luogo (ormai) comune che una storia è più bella se è più lunga, lo ribadisce all'infinito.
Un capolavoro è un capolavoro e basta, che sia un racconto o un romanzo o una poesia, e le cose lunghe sono anche buone, ma ad altro. “Non fatevi ingannare dalle dimensioni” è, nel suo patetico tentativo di marketing spicciolo, un giudizio di fondo, un rimarcare a parole l'immaturità, o meglio ancora la regressione del lettore medio alle leggi del mercato (quello di strada) che predilige sempre, nei fatti, la quantità alla qualità, purché sia fiction.