Quand’ero all’università e andavo di straforo ad assistere alle lezioni di disegno in accademia, ricordo che una volta un professore ci disse che non ci sono temi noiosi, che tutto dipende dal modo in cui li si affronta.
Ho sempre trovato affascinante il modo in cui più artisti possano reinterpretare nella maniera più diversa lo stesso soggetto. E non ho mai trovato niente di più stimolante (per i miei gusti) che il tema dell’amore. Lì davvero ci si gioca il tutto per tutto perché non è più solo una questione estetica o anche morale o emotiva, lì fai entrare gente nell’intimità di casa tua.
Nell’ultimo periodo mi sono ricapitate sotto gli occhi due opere di due artisti da me molto amati. Entrambe le opere sono state dipinte nello stesso periodo, durante la prima guerra mondiale, col mondo che impazziva intorno. Entrambe parlano di un rapporto d’amore particolarmente importante per la vita dei due autori. E anche se l’una parla della sua nascita e l’altra del suo tormentoso declino, entrambe sono legate all’assai abusata immagine (freudiana) dell’amore come volo. Una l’ha dipinta Oscar Kokoschka e l’altra Marc Chagall.
Uomo cupo, viscerale e un po’ eccentrico, Oscar Kokoschka incontra Alma Mahler, donna bellissima, fiera e indipendente che lo segnerà per sempre, nella Vienna del 1912, all’epoca una delle capitali artistiche d’Europa. Di lei s’innamora e ne diviene l’amante per due anni. Lui ne ha 26, lei 33.
Alma lo ammalia completamente e al contempo è incapace di legarsi a lui, tanta è la sua sete di vita e di avventure. Kokoschka, succube di lei, riversa nel suo lavoro tutto il sentimento di angoscia che avverte crescergli dentro giorno dopo giorno, man mano che avverte avvicinarsi il momento dell’inevitabile separazione. Ne nascono una serie di disegni e dipinti cupamente morbosi o grandemente disperati, in cui la pennellata si fa pastosa e densa, i colori abbaglianti, come il sentimento che lo pervade. Di questi dipinti il più famoso resta La sposa del vento, fra i quadri simbolo del ‘900.
Come per tutti i capolavori dell’arte si può attribuire a un’opera una lunga serie di significati che vanno ben oltre il semplice dato biografico, e anche in questo caso si può parlare di riferimenti alla mitologia germanica oltre che all’angosciosa situazione verso cui si precipitava l’impero austriaco, alle soglie della guerra. Ma personalmente io ci vedo soprattutto il ritratto di due amanti alla fine di un rapporto.
Alla deriva nella notte dopo un incontro d’amore, avvolti dalle lenzuola sfatte e dall’universo intorno, i due sono stretti l’uno all’altra. Lei, meno innamorata, dorme soddisfatta contro la sua spalla. Lui invece, sofferente, si tormenta le mani, ha gli occhi spalancati nel vuoto, è un insonne divorato dall’incertezza. Sa già, ma non vuole ammetterlo, che quella zattera di fortuna finirà presto per sfasciarsi contro gli scogli del tempo e della volubilità di lei.
Quando poi, di lì a poco, Alma lo lascerà per davvero, Kokoschka impazzirà del tutto. Andrà volontario in guerra, sarà ferito più volte e gravemente, ma non riuscirà a dimenticarla. Si trasferirà poi a Dresda dove, come in un racconto gotico, lo si vedrà accompagnarsi spesso al fantoccio di una donna a grandezza naturale (perfetto persino nelle parti intime, per gli ovvi scopi del caso) che presentava agli amici increduli come Alma. Guarirà del tutto solo a metà degli anni ’30, dopo un lunghissimo viaggio (durato più di dieci anni) in Africa e Medioriente.
Ebreo russo e perciò perseguitato, poeta nell’animo e meraviglioso inventore di favole, nel 1909 Marc Chagall, all’epoca 22 anni, conosce Bella, una ragazza dolce e dallo sguardo malinconico. La incontra per le strade di Vitebsk, città in cui sono nati entrambi e che poi, nel suo inquieto girovagare per l’Europa, si porterà in cuore per tutta la vita come fonte di continua ispirazione, di storie e di immagini a cui attingere per raccontarsi.
La perde di vista nel 1910 quando si trasferisce a Parigi per un lungo soggiorno di studio e d’esilio, a causa delle persecuzioni razziali cui è sottoposto in patria. A Parigi, sull’onda della nostalgia, si forma definitivamente il suo linguaggio e il suo mondo poetico fatto di colori luminosi, folclore e immagini gentili.
Poi il caso ci mette il suo zampino e nel 1914 Chagall torna in Russia per una vacanza di tre mesi e ci resta bloccato otto anni, per via della guerra e poi della rivoluzione. A Vitebsk però ritrova Bella, e la sposa l’anno dopo. Non più solo adesso, ormai artista apprezzato, Chagall respira il fermento rivoluzionario che sta per esplodere in Russia. Sono anni eccezionali che culmineranno, con la rivoluzione comunista, nell’abolizione di qualsiasi discriminazione contro gli ebrei. Un senso di totale felicità si impossessa di Chagall e lo porta a dipingere, nel 1917, alcuni dei quadri più assolutamente romantici della sua produzione, di cui Sopra la città resta forse il più famoso.
Nel quadro lui e Bella, abbracciati, si librano nel cielo sopra Vitebsk, sopra il mondo intero (perché Vitebsk nell’immaginario chagalliano è allo stesso tempo metafora del mondo e proiezione della sua città interiore), trasportati dal vento dell’amore e della libertà. Tutto è luminoso e magico, o meglio ancora stregonesco, ma serpeggia sotto l’apparente serenità una sottile inquietudine. Dall’immagine traspare un totale senso di leggerezza, alterato in minima parte dall’espressione un po’ ansiosa di lui. Perché il vento che li ha rapiti (il vento della storia) è così forte, impetuoso e dirompente da lasciarlo in parte stordito. Chagall stringe forte Bella per proteggerla e portarla con sé ovunque questo vento li trascinerà.
L’intuito dell’artista ha visto giusto. Nel 1923 Chagall, in rotta col partito, sarà di nuovo esule a Parigi. Bella lo segue fiduciosa come farà per tutto il resto della vita. Morirà nel 1944. Dal giorno della sua morte, lui non toccherà più i pennelli per un anno.
A chiusura, anche se c’entra solo per caso, per il fatto che mi è venuto in mente nelle ultime ore, mentre scrivevo questo testo, un altro volo che ha tempi, origini e motivi in parte diversi da quelli sopra descritti, ma ugualmente straordinario e irrequieto come quello di Chagall, e destinato a una rovinosa caduta come quello di Kokoschka. Non ci sono donne nella scena ma questo è un film e non un quadro, e di donne poi se ne vedranno anche troppe, essendo 8½ il ritratto più intimo, sincero (e junghiano) di Fellini.
Credo, anche se forse mi sbaglio, che di voli così ormai, non se ne vedano più tanti in giro. Non c'è più il coraggio di mostrarli e farne arte (e non esibizionismo). Se però mi sbaglio, vi prego, fatemi sapere.
Ho sempre trovato affascinante il modo in cui più artisti possano reinterpretare nella maniera più diversa lo stesso soggetto. E non ho mai trovato niente di più stimolante (per i miei gusti) che il tema dell’amore. Lì davvero ci si gioca il tutto per tutto perché non è più solo una questione estetica o anche morale o emotiva, lì fai entrare gente nell’intimità di casa tua.
Nell’ultimo periodo mi sono ricapitate sotto gli occhi due opere di due artisti da me molto amati. Entrambe le opere sono state dipinte nello stesso periodo, durante la prima guerra mondiale, col mondo che impazziva intorno. Entrambe parlano di un rapporto d’amore particolarmente importante per la vita dei due autori. E anche se l’una parla della sua nascita e l’altra del suo tormentoso declino, entrambe sono legate all’assai abusata immagine (freudiana) dell’amore come volo. Una l’ha dipinta Oscar Kokoschka e l’altra Marc Chagall.
Uomo cupo, viscerale e un po’ eccentrico, Oscar Kokoschka incontra Alma Mahler, donna bellissima, fiera e indipendente che lo segnerà per sempre, nella Vienna del 1912, all’epoca una delle capitali artistiche d’Europa. Di lei s’innamora e ne diviene l’amante per due anni. Lui ne ha 26, lei 33.
Alma lo ammalia completamente e al contempo è incapace di legarsi a lui, tanta è la sua sete di vita e di avventure. Kokoschka, succube di lei, riversa nel suo lavoro tutto il sentimento di angoscia che avverte crescergli dentro giorno dopo giorno, man mano che avverte avvicinarsi il momento dell’inevitabile separazione. Ne nascono una serie di disegni e dipinti cupamente morbosi o grandemente disperati, in cui la pennellata si fa pastosa e densa, i colori abbaglianti, come il sentimento che lo pervade. Di questi dipinti il più famoso resta La sposa del vento, fra i quadri simbolo del ‘900.
Come per tutti i capolavori dell’arte si può attribuire a un’opera una lunga serie di significati che vanno ben oltre il semplice dato biografico, e anche in questo caso si può parlare di riferimenti alla mitologia germanica oltre che all’angosciosa situazione verso cui si precipitava l’impero austriaco, alle soglie della guerra. Ma personalmente io ci vedo soprattutto il ritratto di due amanti alla fine di un rapporto.
Alla deriva nella notte dopo un incontro d’amore, avvolti dalle lenzuola sfatte e dall’universo intorno, i due sono stretti l’uno all’altra. Lei, meno innamorata, dorme soddisfatta contro la sua spalla. Lui invece, sofferente, si tormenta le mani, ha gli occhi spalancati nel vuoto, è un insonne divorato dall’incertezza. Sa già, ma non vuole ammetterlo, che quella zattera di fortuna finirà presto per sfasciarsi contro gli scogli del tempo e della volubilità di lei.
Quando poi, di lì a poco, Alma lo lascerà per davvero, Kokoschka impazzirà del tutto. Andrà volontario in guerra, sarà ferito più volte e gravemente, ma non riuscirà a dimenticarla. Si trasferirà poi a Dresda dove, come in un racconto gotico, lo si vedrà accompagnarsi spesso al fantoccio di una donna a grandezza naturale (perfetto persino nelle parti intime, per gli ovvi scopi del caso) che presentava agli amici increduli come Alma. Guarirà del tutto solo a metà degli anni ’30, dopo un lunghissimo viaggio (durato più di dieci anni) in Africa e Medioriente.
Ebreo russo e perciò perseguitato, poeta nell’animo e meraviglioso inventore di favole, nel 1909 Marc Chagall, all’epoca 22 anni, conosce Bella, una ragazza dolce e dallo sguardo malinconico. La incontra per le strade di Vitebsk, città in cui sono nati entrambi e che poi, nel suo inquieto girovagare per l’Europa, si porterà in cuore per tutta la vita come fonte di continua ispirazione, di storie e di immagini a cui attingere per raccontarsi.
La perde di vista nel 1910 quando si trasferisce a Parigi per un lungo soggiorno di studio e d’esilio, a causa delle persecuzioni razziali cui è sottoposto in patria. A Parigi, sull’onda della nostalgia, si forma definitivamente il suo linguaggio e il suo mondo poetico fatto di colori luminosi, folclore e immagini gentili.
Poi il caso ci mette il suo zampino e nel 1914 Chagall torna in Russia per una vacanza di tre mesi e ci resta bloccato otto anni, per via della guerra e poi della rivoluzione. A Vitebsk però ritrova Bella, e la sposa l’anno dopo. Non più solo adesso, ormai artista apprezzato, Chagall respira il fermento rivoluzionario che sta per esplodere in Russia. Sono anni eccezionali che culmineranno, con la rivoluzione comunista, nell’abolizione di qualsiasi discriminazione contro gli ebrei. Un senso di totale felicità si impossessa di Chagall e lo porta a dipingere, nel 1917, alcuni dei quadri più assolutamente romantici della sua produzione, di cui Sopra la città resta forse il più famoso.
Nel quadro lui e Bella, abbracciati, si librano nel cielo sopra Vitebsk, sopra il mondo intero (perché Vitebsk nell’immaginario chagalliano è allo stesso tempo metafora del mondo e proiezione della sua città interiore), trasportati dal vento dell’amore e della libertà. Tutto è luminoso e magico, o meglio ancora stregonesco, ma serpeggia sotto l’apparente serenità una sottile inquietudine. Dall’immagine traspare un totale senso di leggerezza, alterato in minima parte dall’espressione un po’ ansiosa di lui. Perché il vento che li ha rapiti (il vento della storia) è così forte, impetuoso e dirompente da lasciarlo in parte stordito. Chagall stringe forte Bella per proteggerla e portarla con sé ovunque questo vento li trascinerà.
L’intuito dell’artista ha visto giusto. Nel 1923 Chagall, in rotta col partito, sarà di nuovo esule a Parigi. Bella lo segue fiduciosa come farà per tutto il resto della vita. Morirà nel 1944. Dal giorno della sua morte, lui non toccherà più i pennelli per un anno.
A chiusura, anche se c’entra solo per caso, per il fatto che mi è venuto in mente nelle ultime ore, mentre scrivevo questo testo, un altro volo che ha tempi, origini e motivi in parte diversi da quelli sopra descritti, ma ugualmente straordinario e irrequieto come quello di Chagall, e destinato a una rovinosa caduta come quello di Kokoschka. Non ci sono donne nella scena ma questo è un film e non un quadro, e di donne poi se ne vedranno anche troppe, essendo 8½ il ritratto più intimo, sincero (e junghiano) di Fellini.
Credo, anche se forse mi sbaglio, che di voli così ormai, non se ne vedano più tanti in giro. Non c'è più il coraggio di mostrarli e farne arte (e non esibizionismo). Se però mi sbaglio, vi prego, fatemi sapere.
10 commenti:
ne hai messa di carne sul fuoco. devo rileggere ancora un paio di volte. ma cosi, senza pensarci tanto, ti dirò, si vola ancora. solo che i veri voli restano segreti. troppe immagini, troppe storie, troppi destini messi a nudo in prima pagina.
un artista vero ha, credo, svilluppato una specie di sesto senso del pudore che salva la bellezza della sua opera dall'essere mescolato con le porcate e i porci.
non credo si smetterà mai di volare.
porci con le ali, allora ;)
non so tu a quali voli ti stia riferendo...secondo la mia interpretazione pero' ti rispondo di no!
Chagall è anche il mio pittore preferito.Promenade e Sopra la città...una sintesi meravigliosa dell'Amore..
sigh sigh
:)
viva l'amore di chagall! :)
viva catullo! (rif. personale) :P
Bravissimo, mi tocca linkarti per tenerti d'occhio ;-)
mi è piaciuto molto questo tuo l'ho letto con piacere ed interesse, tra i due quadri preferisco il primo, cìè magia in quei colori ..
ciao
lillo qui c'è sempre da imparare,grazie.
sono d'accordo con te, di questi tempi è molto più facile esibire l'amore che rappresetarlo e farne arte.
aspettiamo un altro Chagall!
ciao simona
beh, grazie a tutti! :)
alla ricerca della sposa nel vento di Kokoschka, per una relazione che devo tenere fra due settimane all'uni, mi trovo sul blog di un corregionale con tanto di slogan pro Nichi, che emozione. grazie per il confronto con chagall... e la profondità delle osservazioni, bel lavoro ;) da parte di una futura storica e critica d'arte.. pugliese, emigrata.. ciao!
grazie marinella :)
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