Pensavo a Raymond Carver. Ultimamente, com’è solito per i grandi, è tutto un ritorno alla sua opera, con una nuova operazione di mercato tesa al recupero dei suoi testi originali. Operazione che in sé ha qualcosa di nobile e insieme di ambiguo, se si considera che sono state proprio le leggi di mercato a creare il caso Carver.
Oggi che gli si riconosce d’essere stato lo scrittore americano più influente del secondo ‘900 e il più grande del secolo con Hemingway, leggendo le sue biografie viene quasi fuori come una vittima inerme di Gordon Lish, il suo editor. Se non fosse che fu proprio Lish a consentirgli di pubblicare con delle grandi case editrici e quindi arrivare al grosso pubblico in maniera tale da potersi far notare e diventare economicamente indipendente. E poi Lish, al di là di tutto, come editor era bravo, aveva talento e fiuto. Il fatto che, con tutto il suo fiuto, avesse capito che Carver era bravo, uno su cui investire, ma non che fosse un vero genio, per cui si permetteva di trattarlo come qualsiasi altro scrittore, non è di per sé una colpa. Carver lo lasciava fare perché, nonostante la sofferenza e l’umiliazione provate nel vedere il proprio lavoro fatto a pezzi dalle revisioni talvolta brutali di Lish, disperazione che si può ben leggere nelle sue lettere, la possibilità di venire pagato per il proprio lavoro era più forte. Certo, ha guadagnato più il mercato con Carver che non viceversa, e Carver preso in questa contraddizione fra arte e necessità è rimasto schiacciato, ma Lish più che un sadico aguzzino, come viene spesso descritto, era la norma con un pizzico di gusto in più. Tutto il sistema editoriale, confessa chi ci lavora, quasi a giustificare i propri metodi, ubbidisce a queste leggi, e il caso Carver è venuto allo scoperto e sembra starsene lì come una pianta grassa nel deserto, solo perché Carver è diventato, per una serie di casi fortunati, più grande del mercato.
E questo ci riporta a oggi che il mercato fa mea culpa nei suoi confronti. Rispuntano le edizioni originali dei suoi lavori. Poiché però c’è un interesse filologico nella cosa è possibile trovare, accanto agli originali, anche i racconti rimaneggiati da Lish, a cui a questo punto andrebbe riconosciuto insieme a Carver il ruolo di padre del minimalismo americano. Fare un confronto fra i racconti prima e dopo il suo intervento è davvero una cosa interessante. Non so se riesco a spiegarlo, è sempre una questione di sfumature, ma nei racconti originali di Carver ci senti l’aria intorno ai personaggi, un’aria densa e calda, immobile. Con Lish tutto diventa più freddo, più asettico, come se quest’aria fosse stata tagliata con un bisturi di precisione, tutto ripulito per bene e gettati via gli scarti. Non c’è abbastanza aria da riempirti i polmoni. Il risultato è così intenso da aver modificato l’idea stessa di scrittura narrativa e, se non fosse stato il frutto di una sopraffazione, si potrebbe tranquillamente considerare il lavoro a quattro mani di due autori a confronto. Lish non era un idiota, aveva una visione poetica simile a quella di Carver ma più dura, ma gli mancava la grandezza necessaria a realizzarla da solo e così si imponeva con brutalità all’altro, che trattava un po’ come un facchino. Carver faceva il lavoro sporco, scrivendo le storie e Lish le rifiniva a modo suo, cioè togliendo ad arte quanto più respiro poteva all’opera. Solo con Cattedrale, quando sentì di aver scritto il suo capolavoro ma era anche abbastanza famoso da potersi permettere delle alternative, Carver trovò la forza per liberarsi di lui e dare spazio alla propria creatività.
L’ambiguità a cui accennavo sopra deriva dal fatto che se il mercato, anche se con interessi economici, riconosce la necessità di ripubblicare il materiale originale di Carver, che proprio il modello di revisione editoriale teso esclusivamente alla vendita aveva modificato, di contro è come se ammettesse la propria estraneità e fondamentale indifferenza al mondo della Scrittura. Ma poi, ammettendo pure che Carver era un genio ma non necessariamente un unicum, uno che operava nel mondo della Scrittura ed è stato inglobato dal mondo dell’Editoria, e che il mercato pur investendo in lui non ha saputo (o voluto) riconoscere e valorizzare il suo talento e quindi, maltrattandolo dal punto di vista creativo come ha fatto attraverso Lish, ha contribuito alla sua depressione e all’alcolismo, ammettendo tutto questo il mercato della Cultura che ci sta intorno e ci permea non svela anche, ironicamente, che le leggi su cui basa la nostra esistenza sono del tutto amorali?
Oggi che gli si riconosce d’essere stato lo scrittore americano più influente del secondo ‘900 e il più grande del secolo con Hemingway, leggendo le sue biografie viene quasi fuori come una vittima inerme di Gordon Lish, il suo editor. Se non fosse che fu proprio Lish a consentirgli di pubblicare con delle grandi case editrici e quindi arrivare al grosso pubblico in maniera tale da potersi far notare e diventare economicamente indipendente. E poi Lish, al di là di tutto, come editor era bravo, aveva talento e fiuto. Il fatto che, con tutto il suo fiuto, avesse capito che Carver era bravo, uno su cui investire, ma non che fosse un vero genio, per cui si permetteva di trattarlo come qualsiasi altro scrittore, non è di per sé una colpa. Carver lo lasciava fare perché, nonostante la sofferenza e l’umiliazione provate nel vedere il proprio lavoro fatto a pezzi dalle revisioni talvolta brutali di Lish, disperazione che si può ben leggere nelle sue lettere, la possibilità di venire pagato per il proprio lavoro era più forte. Certo, ha guadagnato più il mercato con Carver che non viceversa, e Carver preso in questa contraddizione fra arte e necessità è rimasto schiacciato, ma Lish più che un sadico aguzzino, come viene spesso descritto, era la norma con un pizzico di gusto in più. Tutto il sistema editoriale, confessa chi ci lavora, quasi a giustificare i propri metodi, ubbidisce a queste leggi, e il caso Carver è venuto allo scoperto e sembra starsene lì come una pianta grassa nel deserto, solo perché Carver è diventato, per una serie di casi fortunati, più grande del mercato.
E questo ci riporta a oggi che il mercato fa mea culpa nei suoi confronti. Rispuntano le edizioni originali dei suoi lavori. Poiché però c’è un interesse filologico nella cosa è possibile trovare, accanto agli originali, anche i racconti rimaneggiati da Lish, a cui a questo punto andrebbe riconosciuto insieme a Carver il ruolo di padre del minimalismo americano. Fare un confronto fra i racconti prima e dopo il suo intervento è davvero una cosa interessante. Non so se riesco a spiegarlo, è sempre una questione di sfumature, ma nei racconti originali di Carver ci senti l’aria intorno ai personaggi, un’aria densa e calda, immobile. Con Lish tutto diventa più freddo, più asettico, come se quest’aria fosse stata tagliata con un bisturi di precisione, tutto ripulito per bene e gettati via gli scarti. Non c’è abbastanza aria da riempirti i polmoni. Il risultato è così intenso da aver modificato l’idea stessa di scrittura narrativa e, se non fosse stato il frutto di una sopraffazione, si potrebbe tranquillamente considerare il lavoro a quattro mani di due autori a confronto. Lish non era un idiota, aveva una visione poetica simile a quella di Carver ma più dura, ma gli mancava la grandezza necessaria a realizzarla da solo e così si imponeva con brutalità all’altro, che trattava un po’ come un facchino. Carver faceva il lavoro sporco, scrivendo le storie e Lish le rifiniva a modo suo, cioè togliendo ad arte quanto più respiro poteva all’opera. Solo con Cattedrale, quando sentì di aver scritto il suo capolavoro ma era anche abbastanza famoso da potersi permettere delle alternative, Carver trovò la forza per liberarsi di lui e dare spazio alla propria creatività.
L’ambiguità a cui accennavo sopra deriva dal fatto che se il mercato, anche se con interessi economici, riconosce la necessità di ripubblicare il materiale originale di Carver, che proprio il modello di revisione editoriale teso esclusivamente alla vendita aveva modificato, di contro è come se ammettesse la propria estraneità e fondamentale indifferenza al mondo della Scrittura. Ma poi, ammettendo pure che Carver era un genio ma non necessariamente un unicum, uno che operava nel mondo della Scrittura ed è stato inglobato dal mondo dell’Editoria, e che il mercato pur investendo in lui non ha saputo (o voluto) riconoscere e valorizzare il suo talento e quindi, maltrattandolo dal punto di vista creativo come ha fatto attraverso Lish, ha contribuito alla sua depressione e all’alcolismo, ammettendo tutto questo il mercato della Cultura che ci sta intorno e ci permea non svela anche, ironicamente, che le leggi su cui basa la nostra esistenza sono del tutto amorali?
3 commenti:
:-)
"Ultimo frammento
E hai ottenuto quello che
volevi da questa vita, nonostante tutto?
Sì.
E cos'è che volevi?
Potermi dire amato, sentirmi
amato sulla terra. "
un bacio.
sì, sapevo che avresti gradito ;)
è un bellissimo pezzo questo che hai scritto..
e leggere in particolare..
"Carver lo lasciava fare perché, nonostante la sofferenza e l’umiliazione provate nel vedere il proprio lavoro fatto a pezzi ... la possibilità di venire pagato per era più forte"
per un'autore vedere stravolto il proprio lavoro credo sia la cosa peggiore..
Ti auguro uno splendido anno gioioso e spensierato
un abbraccio
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