Me lo diceva poco fa Alessandro Canzian: bisogna inventarsi dei nuovi metodi per vendere i libri, perché non si può lavorare così, come se si chiedesse l'elemosina. Così mi è venuto in mente un tipo che la settimana scorsa, scherzando con quell'ironia tipica di chi un po' sfotte un po' vuole ferire, mi diceva che avrebbe dovuto lui chiedermi dei soldi per leggere i miei libri, perché alla fine chi le capisce le cose che pubblico? Sono difficili, e chi scrive difficile (spesso chi scrive in versi) non dovrebbe semplicemente pubblicare, perché fa una cosa socialmente inutile. Invece, quasi senza pudore, gli autori difficili continuano a pubblicare, spesso lamentandosi perché non è giusto che paghino per la pubblicazione, e io come faccio a dargli torto? I lettori però non dovrebbero essere costretti a leggerli se non li sopportano, ma se sono costretti a farlo dovrebbero essere almeno pagati per l'impegno. E io credo che in questa battaglia per la sopravvivenza della lettura come pratica civile, quotidiana, i piccoli editori dovrebbero essere esentati dal chiedere soldi agli autori, ma anche dal pagare gli stampatori, gli editor e i grafici, gli addetti stampa, i commercialisti ma anche le tasse, visto che si è capito che l'editoria ha più a che fare con il settore assistenziale che imprenditoriale, e quindi a tutta questa massa di poveri dovrebbero pensarci i Servizi sociali.
Nessun commento:
Posta un commento