Odiare la poesia di Ben Lerner. Libro breve ma assai carino (“potenzialmente commerciale” per dirla come Frank Zappa) che parte da un assunto affascinante, simile a quanto già espresso da Henry Miller in Tropico del Cancro: “Chi odia un ebreo più di un ebreo?”. Lerner rilancia: “Chi odia la poesia più di un poeta?” E dunque si chiede: perché odia il poeta, e che cosa odia di preciso: ciò che può toccare o ciò che non riuscirà a costruire nemmeno coi versi più raffinati, l’ideale a cui è diretto il canto? Con che ferocia odia il poeta, e fino a che punto? Fino a rinnegare se stesso e il proprio ruolo, facendo comunella col pubblico sempre più disattento? E fin dove? Fino alla violenza verbale sulla materia poetica propria e degli altri? Fino alla lamentazione continua? Fino al silenzio? E ancora: ma mi si nota di più se continuo a scrivere detestando ciò che faccio, o se sto zitto perché tanto ciò che faccio non ha nessuna importanza? Questo, in poche righe, il succo del libriccino di Lerner che non è affatto brutto o insignificante, anzi. Però, come dice Roberto R. Corsi, il quasi coevo I poeti sono impossibili di Alessandro Carrera ha un respiro, una visione e un carico di dubbi assai più vasti, oltre a essere ben più lungo. In ogni caso sono entrambi, proprio perché scritti dal punto di vista di due scrittori, strumenti utili a guardarsi un po’ dal di fuori e prendersi in giro, che ce n’è sempre tanto bisogno coi poeti.
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