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venerdì 18 novembre 2022

materia medica

Stamattina rileggevo POLVERE, di Bordini e mentre leggevo e mi perdevo in quel flusso mi chiedevo dove mai finisse la testa di Bordini mentre stava scrivendo, verso quale piano. Poi ho letto MANGIARE, che è un libro pieno di morte, molto feroce, dove c’è una sezione, Materia medica, che è una sorta di lungo prologo alla morte, una visione sviscerata al microscopio, dunque deformata dalla lente d’ingrandimento, della malattia come referto, studiata attraverso la deformazione del corpo, che viene meno e perde dignità, ma come se fosse un dato acquisito, senza più suscitare commozione in chi osserva. Ma subito dopo questa visione così gelida, da sala operatoria, segue una poesia delicatissima sull’arrivo dell’Autunno, e tu leggendola ci senti subito il tocco lieve di Apollinaire, con questo aggrovigliarsi del tempo per cui, subito dopo la malattia come fine, non spinge la rinascita, cioè la primavera, ma arriva una stagione più gentile, cioè l’autunno che è la stagione della consapevolezza della morte, che persiste, ma in cui ti puoi gustare ancora le castagne. A quella segue poi Il poema a Trotskij, che in un ipotetico confronto con l’opera del francese sarebbe il corrispettivo della Canzone del male amato, certo passato, ma mai dimenticato, perché conserva dentro il gusto delle caldarroste.

domenica 22 settembre 2019

il funerale di apollinaire

Novembre 1918. Giuseppe Ungaretti era in licenza a Parigi. Prima di ritornare in linea a Bligny, egli domandò ad Apollinaire che cosa voleva che gli riportasse dal fronte alla sua prossima licenza. Apollinaire disse: «Un mazzo di sigari toscani». 
L’armistizio è firmato dopo pochi giorni. Ungaretti torna a Parigi. Corre dall’amico a portargli i «toscani». Apollinaire è steso sul letto. La giornata è caldissima. Il suo povero corpo grasso comincia a decomporsi. 
Nemmeno la morte riuscì a placare la «iella» che perseguitava Apollinaire. Lo stesso giorno morì anche Edmondo Rostand. Due giorni dopo, due funerali di poeti traversavano a passo d’uomo le strade di Parigi. 
Vestita da carnevale, la polacca seguiva il feretro del figlio. Agli ingenui che cercavano di confortarla, essa ribatteva: «Mio figlio un poeta? Dite piuttosto un fannullone. Rostand: ecco un poeta!». 
Nello spazio di un mese la morte portò via anche lei. 

Alberto Savinio, Souvenirs, Adelphi, 2019