In un sogno ricorrente delle ultime settimane, sto salendo con un gruppo di persone – le quali stanno parlando, con una certa frivolezza, di una donna bellissima e assai attraente che si è fidanzata con un cretino – su per una lunga e scricchiolante scalinata in legno, che sale a spirale verso la cima di un palazzo antico, e che, man mano che si sale, si stringe sempre più su se stessa fino a chiudersi poco prima del pianerottolo in cima. Lo possiamo osservare, oltre la tromba delle scale, attraverso la balaustra pericolante. L’unica maniera per passare oltre è scavalcare la balaustra, che sembra pronta a schiodarsi e cedere al primo soffio, e aggrappandosi a quella saltare nel vuoto, verso il piano dall’altra parte. Io non mi fido di me stesso, né del fatto che la balaustra possa reggermi per quei pochi secondi necessari a darmi la spinta necessaria per il balzo, e sono quasi pronto a tornare di sotto. Ma uno dei miei compagni non ci pensa due volte, sfonda la balaustra con un calcio facendone precipitare i pezzi in basso e subito dopo spicca il salto. Ma io non vedo come va a finire – se atterra al sicuro sul pianerottolo o precipita di sotto – perché è tale la mia paura, anche per lui e per tutti gli altri, che chiudo gli occhi e le orecchie fino a sentirmi cieco.
Poesie, pensieri e fotografie di Vitantonio Lillo-Tarì de Saavedra, in arte Antonio Lillo ovvero Antonio Hammett
martedì 7 novembre 2023
venerdì 31 marzo 2023
sogno della scala
Nel
sogno la città, che sembrava immersa in un umido paesaggio invernale,
era coperta dal fango, un fango nero e denso come pece da cui emergevano
a ogni passo le carcasse squartate dei cani, le ossa dei loro costati
rosicchiati dal fango. Io la osservavo stando sospeso sul mondo, in
equilibrio incerto su una scala a pioli dagli alti e scivolosi gradini.
Mi agitavo per colpa di uno dei pochi cani ancora vivi, un cucciolo che
tenevo nascosto nella tasca della
giacca e tentava di scappare sbilanciandomi. Ero in dubbio se scendere a
terra o risalire di sopra verso un appartamento sospeso dove una donna
mi chiamava mostrandomi il petto nudo e i seni vistosi accanto a un
grande comò nero anch’esso i cui cassetti si spalancavano come bocche.
Potevo scegliere fra di lei che mi avrebbe accolto in cambio del cane
che nascondevo, che avrebbe infilato nel comò e trasformato in un caldo
vestito per coprirsi, oppure scendere col rischio che il cucciolo
finisse in pasto al fango che lo avrebbe disciolto. E senza più
speranza, nel dubbio su quale fosse la fine meno dolorosa per il
cucciolo, stavo fermo sulla scala, cercando di non perdere del tutto
l’equilibrio e cadere di sotto spezzandomi il collo, uccidendo entrambi
inutilmente.