venerdì 1 maggio 2015

estratto dal mio romanzo

Cosa fa, dunque, Saba nelle sue fughe in campagna?
Ci ho pensato a lungo, indeciso fino all’ultimo, ma proprio non me lo vedo invischiato in una tresca, o intento in chissà quali strani traffici, non l’ispettore Callaghan. Me lo immagino, invece, alla ricerca di un po’ d’inspirazione, magari ospite della casa vuota di un amico, seduto fuori in veranda, con davanti a sé l’orto che innaffierà più tardi, ben ordinato in lunghe file di pomodori, zucchine e fagiolini, gli alberi intorno di ciliegio, di pero e di fico, e un po’ di lato quello di limoni protetto da un muro di tufi. Me lo immagino seduto in veranda, in questa casa vuota e non sua, che scrive su una vecchia Olivetti ereditata da Cormac McCarthy, non le sue inimitabili memorie ma le sue storie immaginate, che si dispiegano in tutta la loro potenza di fuoco fra le foglie della lattuga ed i cocomeri.

[da Calda come i baci che ho perduto, romanzo che ho scritto per il premio La Giara, e ora in cerca di un Editore]

3 commenti:

Tita ha detto...

Che bel nome Saba :-)

lillo ha detto...

vero? piace anche a me, chissà perché :)

marian. ha detto...

Saba si trova in un luogo con troppo sole e con un bell'orto di cui prendersi cura qualora non riuscisse a battere tasto per ora...