venerdì 15 maggio 2015

una questione di stile

Ho appena finito di leggere Breve vita di Pasolini di Nico Naldini (Guanda), un libro lungo 130 pagine che costa 13 euro, in cui dati biografici si mischiano con aneddoti famigliari. Di per sé un libro carino che mette ordine alle molte vicende di una vita intensa, e poi scritto da Naldini il quale, in quanto cugino di Pasolini, aveva accesso a una serie di ricordi spesso intimi. Quello che lascia perplessi del volume è il finale. Non tanto perché Naldini si dice convinto che il delitto Pasolini sia stato un omicidio omosessuale di cui l'unico colpevole è Pelosi, e prova a dimostrarlo con qualche incertezza per spiegare una tale furia omicida da parte di un ragazzetto il quale prima si sarebbe spaventato per le avance di Pasolini e poi avrebbe infierito all'inverosimile sul corpo martoriato dello scrittore. Ma, fin qui, ognuno è libero di avere le sue idee. Mi rende perplesso, invece, l'ultimo capitolo, in cui Naldini rievoca quanto accadde in casa Pasolini alla notizia della morte. In un libro i cui capitoli sono lunghi in media 3 pagine, Naldini ne spende 16 per attaccare tutta una serie di persone che a suo dire si sarebbero "impossessate" di quella morte a proprio vantaggio, a cominciare dalla povera Laura Betti su cui Naldini ironizza più volte e pesantemente, dal valore delle sue capacità artistiche ai suoi problemi di peso, spinto da un'evidente antipatia nei suoi confronti. Cosa che, visto che si parla di una persona ormai scomparsa e dei cui sentimenti di affetto verso Pasolini lo stesso Naldini non dubita, avrei evitato. Almeno per una questione di stile.

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