A proposito di vecchiaia. Ho continuato a giocare a calcio fin verso i quarant’anni. Da un certo punto in poi era diventato sempre più difficile mettere insieme una manciata di giocatori, ma l’incontro con il fratello di un mio amico cambiò tutto. Iniziai a giocare con una squadra di ragazzi molto simpatici e bravi. Troppo. Andò avanti per qualche partita, quando un giorno, anzi una sera, successe il fattaccio. Mi stavo muovendo piuttosto bene in campo, e feci addirittura una discesa gloriosa, fino al limite dell’area, quando il compagno che mi correva a fianco venne abbattuto e l’arbitro fischiò il fallo. Fu allora che capii.
Se ero riuscito a tagliare la difesa come burro, a saltare terzini come in sogno, era perché tutti quanti si scansavano, anzi, letteralmente, mi evitavano. La loro gentilezza era squisita, sebbene piuttosto umiliante, e tutto mi fu chiaro quando un avversario mi si avvicinò per consegnarmi la palla. Stava esortandomi a battere la punizione, ma dandomi del lei. Del lei, in un campo di calcio! Mi sentii amareggiato e non potevo prendermela con nessuno. Avrei dovuto capirlo. Quella fu la mia ultima partita.
[Valerio Magrelli, Addio al calcio, Einaudi, 2010]
2 commenti:
Splendida pagina
Quando non è aria, inutile insistere.
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