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lunedì 10 marzo 2025

l'anima guerriera

Io devo dire in queste ore continuo a ripensare all'articolo di Scurati sul fatto che abbiamo perso la nostra anima guerriera o qualcosa del genere, e lo metto in relazione alle immagini di ieri a Fasano quando dei tifosi hanno messo a ferro e fuoco la città per una partita di calcio e ho pensato che forse non è vero che lo abbiamo perso quello spirito guerriero, forse soltanto saggiamente abbiamo capito che va messo da parte quando si parla di cose serie come la guerra, per destinarlo a cose meno serie ma tutto sommato inutilmente divertenti come le partite di calcio, dove ci si può riempire di botte in libertà e dare fuoco a una città con le bombe carta, tanto si sa che il giorno dopo si ritorna tutti a casa ed è finita lì. A me poi più dei tifosi fanno orrore e paura certi ragazzini di oggi che senti alla tv sono in aumento, e sono capaci di ammazzarti, stuprarti, rapinarti, fare male persino i genitori e metterlo in un video, ma non per cattiveria, che non gliene frega nulla di nessuno, quanto perché sono anaffettivi, non provano più nulla per nessuno, quelli lo spirito guerriero non sanno proprio cos'è, ma se gli dici che possono confondersi coi droni secondo me sono contenti. Poi, povero Scurati, pensavo anche che nemmeno un anno fa dissero che era stato censurato dalla Meloni per una lettura televisiva su Matteotti e allora giù tutti a difenderlo come martire della libertà di espressione, adesso che scrive un articolo che non piace a nessuno ho letto pure quelli che gli danno del pazzo o del cretino e andasse lui vecchio rimbambito in guerra; ma questo, aggiungono, che fosse cioè un vecchio rimbambito guerrafondaio, si sapeva da sempre, e quindi se cretino lo era da sempre lo era anche l'anno passato che parlava di Matteotti, e forse era meglio se non ne parlava proprio, così nessuno lo condivideva, anche se parlava di Matteotti, o contro la Meloni. E ho pensato che davvero, dalle stelle alle stalle è veramente un attimo.

venerdì 30 giugno 2023

la metafora

Ieri ho visto, come molti, l’intervista di Otto e mezzo al ministro ucraino Kuleba. I commenti sotto i video in rete sono stati tantissimi e quelli più contrariati vanno da “era penosamente in difficoltà” a “era in malafede” a “era completamente fuori a paragonare la guerra a una partita di calcio”. La tocco con leggerezza, visto che presumo che Kuleba sia una persona preparata per il ruolo che ricopre: io ho avuto la sensazione che abbia tirato fuori la metafora del calcio proprio perché sapeva di parlare a una tv italiana, quindi ha tarato i suoi argomenti di persuasione (per due volte) in base a quelle che credeva fossero le competenze e i gusti del suo pubblico. Escludendo la mafia, poteva scegliere fra la cucina e il calcio e si è lanciato sul calcio. Così l’ho vista io. E mi sono chiesto se ce lo meritiamo. E mi sono anche chiesto che sarebbe successo se invece di parlare del Milan avesse citato qualche massima che ne so dalla Gerusalemme Liberata o da Svetonio, come pure fanno all’estero quando condiscono i discorsi pubblici per dargli anche un peso retorico, o come quando Renzi citò Borges ma sbagliò la citazione copia-incollando i versi di un altro dalla rete, perché probabilmente né lui né il suo ufficio stampa lo avevano mai letto. Qualsiasi possibile metafora, in quel caso, mi sa che sarebbe finita nel vuoto.

lunedì 19 febbraio 2018

cinismo

Squilla il telefono. Un tipo dall'altra parte mi dice di chiamarsi Maradona e che vuole comprare un mio libro. Benissimo, gi dico, il libro costa 10 euro. E quello comincia: "Ma come non sai chi è Maradona? non sai chi è Maradona?" Mi fa una testa così. "No, il libro costa 10 euro". Allora cerca di mercanteggiare, dice che per un mio libro mi regala una sua unghia. "Che me ne faccio di un'unghia?" gli chiedo. "Un'unghia di Maradona è come una reliquia! Vale molto più di 10 euro!" Mi avesse almeno offerto un capello. "Voglio 10 euro, bello! L'unghia dalla ai poveri se vuoi, e vediamo che ti rispondono loro". Insomma finisce che Maradona si offende e mi chiude il telefono in faccia. Più tardi sento dire che un tipo ha fatto i milioni grazie a un'unghia donatagli da Santo Maradona. Brutta, brutta storia questa mancanza di fede.

mercoledì 25 ottobre 2017

tifoserie

A me, certi giorni, questa società dei sensi di colpa postumi rompe le scatole. Non chi sbaglia, ma chi se la prende cascando dal pero. Prima ci si fa un mazzo così, come società "civile", per dimostrare che la cultura non si mangia, la scuola è una merda, gli insegnanti degli scoppiati repressi, e il sapere non è potere ma è da sfigati, poi dei fessi fanno gli striscioni allo stadio con Anna Frank e tutti si scandalizzano per l'offesa alla memoria, ma la memoria di chi? E tutti a citare un libro che quasi nessuno ha letto, in un paese dove non si legge manco la lista della spesa. Un paese che, come diceva Montanelli, è fatto di "contemporanei", gente senza passato e senza futuro. Finché non ti accorgi che quella offesa non è la memoria storica di una bambina vittima del razzismo (figurarsi, il razzismo allo stadio ci sta come la nutella sul pane), ma l'onore dei tifosi di quel sano sport tutto italiano che è il calcio (non per nulla continuo ricettacolo di soldi sporchi e mafie varie, mica come la scuola, abbandonata a se stessa nell'immaginazione pubblica dai tempi di Lino Banfi e Gloria Guida). E se sei tifoso, cioè italiano, non vuoi certo mischiarti con l'ignoranza di certa gente.

mercoledì 2 dicembre 2015

passaggio di palla

Dacci pure la grazia
profumata dei bambini in salvo
la leggerezza di chi muore
poco a poco nel rimpallo. Dacci di Milo
De Angelis la perfezione sferica
ricacciata nel verso ormai negro
sull’opposta riva del campo.
Dio non fischiarci in fallo
se ricadiamo ogni giorno nel buio.

domenica 28 giugno 2015

a proposito di vecchiaia

A proposito di vecchiaia. Ho continuato a giocare a calcio fin verso i quarant’anni. Da un certo punto in poi era diventato sempre più difficile mettere insieme una manciata di giocatori, ma l’incontro con il fratello di un mio amico cambiò tutto. Iniziai a giocare con una squadra di ragazzi molto simpatici e bravi. Troppo. Andò avanti per qualche partita, quando un giorno, anzi una sera, successe il fattaccio. Mi stavo muovendo piuttosto bene in campo, e feci addirittura una discesa gloriosa, fino al limite dell’area, quando il compagno che mi correva a fianco venne abbattuto e l’arbitro fischiò il fallo. Fu allora che capii. 
Se ero riuscito a tagliare la difesa come burro, a saltare terzini come in sogno, era perché tutti quanti si scansavano, anzi, letteralmente, mi evitavano. La loro gentilezza era squisita, sebbene piuttosto umiliante, e tutto mi fu chiaro quando un avversario mi si avvicinò per consegnarmi la palla. Stava esortandomi a battere la punizione, ma dandomi del lei. Del lei, in un campo di calcio! Mi sentii amareggiato e non potevo prendermela con nessuno. Avrei dovuto capirlo. Quella fu la mia ultima partita. 

[Valerio Magrelli, Addio al calcio, Einaudi, 2010]

sabato 27 giugno 2015

una buona approssimazione alla felicità

Palleggi, palleggi in un pomeriggio d’estate. Quel bambino concentrato, solo col suo pallone, era capace di passare ore, pur di superare il numero di tocchi che si era prefissato. Non allegro, ma assorto, pienamente consacrato al mio compito. Una buona approssimazione alla felicità. Forse per questo ho cominciato a scrivere poesie. 

[Valerio Magrelli, Addio al calcio, Einaudi, 2010]

lunedì 1 giugno 2015

tifoserie

Quando leggo certi dibattiti/commenti politici sui social ho sempre il sospetto che ci si può appassionare di politica come di calcio. Perlomeno qualcuno è appassionato. Non ho ancora capito qual è la differenza fra i due sport, ma c'è speranza che qualcuno, un giorno, me lo spieghi.

mercoledì 13 giugno 2012

fenomenologia di cassano

Se ci fate attenzione più o meno ogni due anni Cassano se ne esce con qualche cazzata delle sue, di quelle che fa indignare e saltare sulla sedia mezzo mondo, il mezzo mondo bene appassionato di sport, ma con eleganza. A me personalmente viene sempre da ridere e non tanto per ciò che dice, l’equivalente (portato in tv) delle solite stronzate da bar, ma per le reazioni che suscita e che sono frutto, evidentemente, dell’ipocrisia sociale che ci caratterizza e che non riesce ad ammettere che un campione sportivo strapagato, un esempio per i giovani, un uomo venuto dai quartieri poveri che ha realizzato il tipico sogno americano sia anche, no non un uomo di poche letture (come gli rimprovera Vendola), ma un vero e proprio minchione da bar come ce ne sono tanti, uno come te e me per dirla tutta, uno che il sogno americano l’ha realizzato ma solo a metà, quella dei soldi, senza però che questo sogno l’abbia anche cambiato, migliorato come uomo.
La gente rifiuta di ammettere la semplice verità e la semplice verità è che Cassano era e rimane un ragazzo cresciuto nella periferia, brutta sporca e cattiva, di Bari vecchia, un animale da combattimento continuamente nell’arena, uno che se ne frega altamente di essere politically correct (perché può permetterselo) e a cui si rimprovera una mancanza di eleganza che non solo non ha mai avuto ma nemmeno vuole. Perché pretendiamo da lui che sia migliore di ciò che è? Forse perché ci assomiglia troppo e non offre alcuna speranza di redenzione all’immagine fallimentare che abbiamo di noi e del nostro quotidiano? Perché dovrebbe imparare le buone maniere? Per andare a fare le comparsate in tv e far vedere come c’è speranza, invece, per tutti? Ma lui i soldi se li è fatti e continua a farli per essere un animale arrabbiato nell’arena, mica un presentatore “acchittato” del piccolo schermo. Chi vorrebbe davvero assomigliargli, alla fine?
Alla fine dei conti ciò che dice può non piacere, così come può non piacere la cretinata sentita al bar dai vecchietti del tavolino vicino, eppure Cassano resta, incredibilmente, il più onesto di tutti per il semplice motivo che se ne fotte delle convenzioni, di essere altri che se stesso e di dire, pane al pane, tutte le incredibili minchiate o battutacce volgari che gli vengono in mente, come farebbe un qualsiasi stronzo da bar, uno come te e me. Al massimo poi chiederà scusa per quietare gli animi. Ma tanto cosa gli possono fare? Sospenderlo dalle dirette televisive? O dalle partite da cui lui e tanti altri dietro di lui guadagnano quelle cifre straordinarie che tanto gli invidiamo?
No, la cosa sconcertante è che ci sia ancora gente che spalanca la bocca, indignata, di fronte alle sue dichiarazioni invece di fare la cosa più semplice, quella che normalmente si fa nei bar, e cioè prendere e andarsene, cambiare canale. Qualcuno adesso dirà che la tv non è il bar, ha un altro peso, un’altra risonanza e io invece rispondo che la tv in questo preciso momento storico è proprio come con un vecchio bar di Bari vecchia, allo stesso livello, non ha un grammo di qualità o di eleganza in più, anzi, le manca persino quell’umanità che fa del bar di Bari vecchia un’esperienza interessante o quantomeno curiosa, comunque meritevole.
La gente si indigna e il problema di fondo è tutto loro, che magari segretamente sognano per i propri figli un futuro di successo “facile” simile a quello di Cassano, e non si capacitano che un simile “rozzo” non corrisponda alla propria idea di eroe nell’arena: bello giusto e immacolato. Possibile che mio figlio possa diventare un tale stronzo? Sì, è possibile, anzi, forse ci è già arrivato da solo mentre tu stai ancora pensando a quello che ha detto ieri Cassano.
La realtà spesso è molto elementare e Cassano è una cura necessaria, per la nostra immaginazione imbevuta di sogni televisivi e telecronache sportive, di realtà pura al 100%.