martedì 8 agosto 2017

lettera di un editore

C’è una lettera che gira un sacco in rete, quella di Cesare Pavese che difende i suoi diritti presso Einaudi. Visto che siamo sempre bravi a far fronte comune contro i padroni, fossero pure dei “poveri” editori, ne pubblico invece una opposta, di un editore a uno scrittore che amo, ma che come tanti scrittori sa far bene i capricci. La lettera, del 1948, è scritta da Valentino Bompiani a Curzio Malaparte quando questi, dopo un litigio, decide di passare a un altro editore: 

Tu hai continuato a intimidirmi e io, che sono timido, mi sono lasciato intimidire. Ho passato giorni di vera angustia perché dovevo far tacere entro di me una certa voce oscura che mi dissuadeva dal pubblicare la raccolta. Questo è stato l’errore. In tanti anni da che faccio l’editore non ho trovato punto di riferimento più costante sicuro per decidere se pubblicare o non pubblicare un libro, della reazione immediata e istintiva tanto più valida quanto meno razionale… Alla fine mi sono reso conto che dovevo dare retta a me stesso. Io non ho bisogno dell’IRI, non ho banche cattoliche che mi finanzino. In vent’anni non ho mai avuto il minimo sussidio o aiuto da nessuno… Io sono più che mai persuaso che il tuo libro rappresenta un errore. Potrà essere un brillantissimo, un generoso errore, ma è sempre un errore rispetto a te e rispetto al Paese. Non è questione di rischi ma di responsabilità… Più ampie prove di voler essere il tuo editore senza discriminare, senza esitare, non avrei potuto dartene fin qui. Stanno a documentarlo gli undici contratti mandati alla cieca. Ma tu non vuoi un coniuge: tu vuoi una schiava egizia. Tu vuoi uno di quei somarelli che con la testa dice sempre sì. Questo non è un rapporto… Credi tu che un altro libro, a cominciare dalla Pelle, sia più adatto per lo stesso editore, soltanto perché lui ha stampato le Satire? Non c'è “logica in questa pazzia”… Il contratto non ti consentirebbe di cedere ad altri La Pelle. Ti sei messo in testa di farlo e lo farai. A me non resta che subire il danno e l’amarezza, ma son certo che come già accadde tante volte, un giorno o l'altro tornerai…

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