Attorno a Mosca ci sono dei villaggi e anche gruppi di dacie a ridosso di boschi di betulle o nelle vallette sulle sponde della Moscova dove vivono centinaia di intellettuali. Portano a spasso cani e si incontrano a parlare stando appoggiati alle staccionate che racchiudono piccoli orti dove cresce insalata e qualche cavolo. D’autunno trascinano i piedi nelle foglie secche piene di colori e raccolgono mele. D’inverno affondano le calosce nella neve. Attorno a loro sono caduti tutti i rumori e le voci che venivano da lontano non corrono più lungo i fili del telefono. Vivono con l’affitto a stranieri del loro appartamento di Mosca.
Nei tempi della non libertà c’erano nella capitale almeno 300 drammaturghi e migliaia di scrittori e poeti raccolti in una grande associazione che poteva inviarli a riflettere nelle case di riposo di alta montagna o sulle spiagge del Mar Nero o sul Baltico. I più vivevano con gli aiuti dell’Istituto di Cultura che poi chiudeva le loro opere in qualche cassa per una dimenticanza totale. Quasi tutti si illudevano che la mancata pubblicazione dipendesse da ragioni politiche e cioè per qualcosa nelle loro opere che avrebbe potuto infastidire le alte sfere. La maggior parte, purtroppo, scriveva cose di poco valore anche se verso di loro c’era un’attenzione e un’attesa di amici occidentali pronti a giurare sulla loro qualità. Insomma una stima è un sostegno «al buio» per queste opere censurate. Allora era molto difficile viaggiare a raggiungere le grandi metropoli al di là dei confini della Russia, ora che tutto il mondo è a disposizione, nessuno più li chiama per un invito e mancano i soldi necessari per dei viaggi così costosi.
Vivono in queste campagne nella tranquillità più assoluta, molto vicini ai personaggi descritti da Čechov. Probabilmente su diversi di loro oggi è caduta la tristezza vera di chi si è reso conto del poco valore della sua scrittura e dei suoi racconti. Ma i più continuano a lamentarsi perché la mancanza di carta ha ridotto i programmi delle case editrici. Qualcuno ha in mente cose eccezionali che potrebbero rasentare la pornografia tanto di moda, però non lo fa per rispetto alla moglie.
C’è chi pensa che bisognerebbe scrivere in inglese come fece Nabokov ma ci vorrebbero degli inviti per dei soggiorni a Londra o almeno nei dintorni. I traduttori si lamentano perché le case editrici pretendono una somma in valuta di chi Desidera essere pubblicato in Russia. Lo scrittore Babilov, che nel ‘37 scrisse le parole di una canzone molto popolare, non è riuscito a pubblicare più niente e lui incolpa la gelosia di molti per il successo di quella poesia musicata. Con la Perestroika finalmente si sentiva pronto a riprendere il suo lavoro di scrittore ma i dottori gli impediscono di fumare per via di un enfisema polmonare. E lui se non fuma non può concentrarsi.
Dimenticati da tutti, si invitano a mangiare un decotto e masticano cattiverie, gelosie e rancori. Non parlano di politica e di notte guardano le stelle con la tenerezza di chi ormai si aspetta qualcosa soltanto dal cielo. Ogni tanto appoggiano le teste alle pareti di legno riscaldate delle grandi stufe contadine e sentono con nostalgia l’odore dell’asfalto delle grandi Prospettive della capitale. Si ripetono una decisione che resta sempre sospesa: bisognerebbe tornare a Mosca. Ma le macchine sono rotte, gli autobus sono carichi di popolo e gli appartamenti ormai sono affittati. D’altra parte non si possono abbandonare gli animali che hanno anche loro intrecciato una ragnatela di relazioni.
Tonino Guerra, Tempo di viaggio, Maggioli
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