Una delle poche cose che riesce a darmi gioia è quando compro un libro. Ognuno c’ha le sue fisse. Io c’ho quella per i libri. Credo succeda perché la lego intimamente alla sensazione che provavo da bambino, quando me li regalava mio padre, che per la cronaca non mi ha mai fatto molti regali, solo libri. Per cui per me il collegamento è semplice: padre > affetto > libri. Se sono un lettore è per causa sua. Quando sono giù, quando ho qualche patema o malumore, la prima cosa che faccio per riprendermi è comprare un libro, è il mio modo di riequilibrare l’umore. E forse per questo mi dispiaccio quando non riesco a vendere i miei libri come vorrei. Non è tanto la questione economica, che pure ha un peso. Ma la consapevolezza di non riuscire a restituire, nei fatti, la stessa gioia, la stessa serenità che provo io. In questo senso ci sono volte in cui sento che il mio lavoro è quasi un fallimento, o meglio ancora una truffa, come se fossi un bravo falsario che fa banconote perfette alla vista, ma che nella sostanza non hanno valore per nessuno.
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