Sapete, ieri sera avevo un appuntamento con una ragazza ma la ragazza all’ultimo mi ha dato buca con un sms. L’ho presa con filosofia, anche perché ultimamente io e le donne sembriamo viaggiare su pianeti diversi, le ho risposto “divertiti” e invece di demoralizzarmi mi sono guardato un bel film, un classico, come faccio ogni volta che mi capitano certe situazioni. Un classico funziona sempre per tirarsi su, oppure per crogiolarsi nelle proprie paturnie ma dolcemente, senza scosse o altre brutte sorprese. Un classico ci vuole perché è come un vecchio amico, lo senti vicino, tuo, ti racconta una bella storia, una che ami particolarmente, di cui magari conosci ogni singola battuta a memoria, e non ti chiede niente in cambio che non sia un po’ della tua attenzione e del sentimento.
Così ieri sera mi sono guardato per la quattordicesima o quindicesima volta (credo) Manhattan di Woody Allen, e da ciò voi potete tranquillamente trarre due conclusioni. Primo che le donne mi danno buca spesso e di conseguenza le mie serate sono alquanto tranquille. Secondo che adoro questo film alla follia. Ogni volta che lo vedo mi ci perdo dentro. Per quel che ne penso è il capolavoro di Allen ma è pure l’erede di un certo tipo di cinema sofisticato e romantico insieme, che non si fa davvero più, forse perché non abbastanza premiato al botteghino. Chissà perché, fra pura bellezza e cinepanettone vince sempre il cinepanettone (presto, credo, finanziato anche dallo Stato)...
Sapete, se c’è un regista che davvero sento vicino come sensibilità, come visione del mondo, come spirito, quello è Woody Allen. Molto spesso i suoi film mi commuovono e mi lasciano qualcosa dentro che mi turba anche per dei giorni, dopo che li ho visti. E così torno sempre a guardarli. Per me sono una continua fonte di ispirazione.
Manhattan ha una scrittura splendida, forte, concisa, senza fronzoli, solida eppure scorrevolissima. La fotografia, di Gordon Willis, è da brividi. La scena iniziale (qui sopra) è, presa di per sé, la summa della poetica di Allen. La storia tratta con la solita vena melanconica le mille contraddizioni dell’amore e l’incapacità di fondo, delle persone, di riuscire a creare dei legami stabili (lo so che c’è chi non sarà d’accordo, ma è pur sempre la sua visione delle cose, mica per forza deve coincidere con la vostra). Poi arriva il finale (qui sotto) e incredibilmente, perché è così raro nei sui lavori e negli ultimi praticamente impossibile, un film di Allen lascia una porta aperta alla speranza. È un finale geniale, bello, dolcissimo, che non vi sto a riassumere perché è mille volte meglio vederlo che sentirlo raccontare da me.
Solo una cosa, quel sorriso che chiude il film, beh, sapete, io credo lo abbia rubato a Fellini, al finale de La dolce vita, però è solo una mia idea. “Bisogna avere un po’ di fiducia, sai, nella gente” gli dice lei (si dice lui, ovviamente, come monito per la vita). E lui non risponde, cosa potrebbe mai dire?, ma quel sorriso è una promessa. Meraviglioso!
Così ieri sera mi sono guardato per la quattordicesima o quindicesima volta (credo) Manhattan di Woody Allen, e da ciò voi potete tranquillamente trarre due conclusioni. Primo che le donne mi danno buca spesso e di conseguenza le mie serate sono alquanto tranquille. Secondo che adoro questo film alla follia. Ogni volta che lo vedo mi ci perdo dentro. Per quel che ne penso è il capolavoro di Allen ma è pure l’erede di un certo tipo di cinema sofisticato e romantico insieme, che non si fa davvero più, forse perché non abbastanza premiato al botteghino. Chissà perché, fra pura bellezza e cinepanettone vince sempre il cinepanettone (presto, credo, finanziato anche dallo Stato)...
Sapete, se c’è un regista che davvero sento vicino come sensibilità, come visione del mondo, come spirito, quello è Woody Allen. Molto spesso i suoi film mi commuovono e mi lasciano qualcosa dentro che mi turba anche per dei giorni, dopo che li ho visti. E così torno sempre a guardarli. Per me sono una continua fonte di ispirazione.
Manhattan ha una scrittura splendida, forte, concisa, senza fronzoli, solida eppure scorrevolissima. La fotografia, di Gordon Willis, è da brividi. La scena iniziale (qui sopra) è, presa di per sé, la summa della poetica di Allen. La storia tratta con la solita vena melanconica le mille contraddizioni dell’amore e l’incapacità di fondo, delle persone, di riuscire a creare dei legami stabili (lo so che c’è chi non sarà d’accordo, ma è pur sempre la sua visione delle cose, mica per forza deve coincidere con la vostra). Poi arriva il finale (qui sotto) e incredibilmente, perché è così raro nei sui lavori e negli ultimi praticamente impossibile, un film di Allen lascia una porta aperta alla speranza. È un finale geniale, bello, dolcissimo, che non vi sto a riassumere perché è mille volte meglio vederlo che sentirlo raccontare da me.
Solo una cosa, quel sorriso che chiude il film, beh, sapete, io credo lo abbia rubato a Fellini, al finale de La dolce vita, però è solo una mia idea. “Bisogna avere un po’ di fiducia, sai, nella gente” gli dice lei (si dice lui, ovviamente, come monito per la vita). E lui non risponde, cosa potrebbe mai dire?, ma quel sorriso è una promessa. Meraviglioso!
10 commenti:
.. hai ragione i classici sono come i vecchi amici non ti tradiscono mai.
e come nel film anche nella vita è necessario lasciare sempre uno spiraglio aperto, magari con la catenella ^ __ ^ per evitare che le persone irrompano nella nostra vita portando troppo scompiglio.
un caro saluto
Sorriso smagliante, testa alta e... un classico del cinema!!!
si hai ragione i classici o le classiche reazioni ci rassicurano e ci cullano sempre un pò.
ma io a volte mi rompo i coglioni anche di quelli. vorrei solo sabotare ogni cosa.
in ogni caso allen è forte feis!
quanrta strada però bisogna fare per consolarsi ...
come direbbe la poetessa :
Sei la mia consolazione più pura,
sei il mio più fermo rifugio,
tu sei il meglio che ho
perchè niente fa male come te.
No, niente fa male come te.
Bruci come ghiaccio e fuoco,
tagli come acciaio la mia anima -
tu sei il meglio che ho.
mmmh, la boye, però, fai letture raffinate, giardigno...
"Io non voglio morire, ma devo. Non posso vivere, rendo tutti infelici..."
lo adoro! :-*
Allen, Allen... quanto sarei stato più pessimista, senza il suo pessimismo.
Come promesso, ho un nuovo post con della gnocca.
Mi devi un favore.
lillo, non ho parole, questo post è un capolavoro! Ti adoro quando scrivi così! *.*
:)))
sciuscia ti devo un favore... ;)
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