giovedì 10 gennaio 2013

il duello

[…] Fu la tua ora e non è finita.
Con quale agilità rimescolavi
materialismo storico e pauperismo evangelico,
pornografia e riscatto, nausea per l'odore
di trifola, il denaro che ti giungeva.
No, non hai torto Malvolio, la scienza del cuore
non è ancora nata, ciascuno la inventa come vuole.
Ma lascia andare le fughe ora che appena si può
cercare la speranza nel suo negativo.
Lascia che la mia fuga immobile possa dire
forza a qualcuno o a me stesso che la partita è aperta,
che la partita è chiusa per chi rifiuta
le distanze e s'affretta come tu fai, Malvolio,
perchè sai che domani sarà impossibile anche
alla tua astuzia.

È l’ultima strofa di Lettera a Malvolio, in Diario del ’71 e del ‘72, poesia che Montale scrive contro Pasolini, che gli aveva recensito negativamente Satura, evidenziandone il lato più sincero eppure “borghese”, e quindi tanto peggiore perché la sincerità di Montale coincideva col suo assoluto fondo borghese: grigio, basso, ironico, ma non più eroicamente romanzesco come nelle sue prime raccolte, semmai venato di cinismo.
Pasolini risponde così, in una poesia privata, ritrovata fra le sue carte dopo la morte, col suo tono più sconsolato degli ultimi anni:

Non ho banda, Montale, sono solo.

Non ti rimprovero di aver avuto
paura, ti rimprovero di averla giustificata.

Male forse ne voglio; ma il mio.

Ti ha ottenebrato la tua un po' troppo italiana
Musa Oscura

          Astuto poi non lo sono:
di solito è astuto chi ha paura.

Chi aveva ragione, dunque, dei due?
Ogni pensiero è valido, soprattutto quando è intelligente. Ma col senno di poi, mi pare che si possa dire che Satura fu per certi versi libro astutissimo, almeno quanto sincero. Senza di esso, infatti, oggi Montale non avrebbe lo stesso peso nell’evoluzione della poesia italiana contemporanea. Sarebbe considerato un maestro grandissimo ma legato indissolubilmente al suo tempo, così come la poesia di Pasolini è stretta alla metà del ‘900, alle sue aspre mareggiate. Satura, invece, pubblicato nel 1971, ma nutritosi di modernità dai più giovani, è un libro coraggioso e proiettato al futuro, la cui impronta, nel linguaggio, nel taglio, nello spirito, nel distacco voluto verso la realtà politica e sociale del paese (all’origine della critica di Pasolini, radicato per idee e natura su altre posizioni) arriva fin a qui intatta, fresca, seminale. Necessaria.

5 commenti:

Marco Bertoli ha detto...

Seguo il tuo ragionamento e mi lusingo che il mio amore per Montale non sia minore del tuo (trasparente nei tuoi versi).

Ma sono sicuro che Pasolini, che viceversa io non amo, in Satura avvertisse con fastidio l'autentico e anche sfrontato cinismo di Montale. Non può esserci stato altro che un cinismo alto e profondo a guidare la mano di chi ha scritto, in quegli anni (1968-69) questi versi:

La storia non è poi

la devastante ruspa che si dice.

Lascia sottopassaggi, cripte, buche

e nascondigli. C'è chi sopravvive.

La storia è anche benevola:
distrugge

quanto più può: se esagerasse, certo

sarebbe meglio
(…)


(Satura I, «La storia», 2, corsivi miei).

Sono poi d'accordo sul giudizio che dai di Satura.

lillo ha detto...

sì, in effetti è un cinismo estremo. molto "da vecchio" direi. io però non credo fosse ostentazione, o almeno non l'ho mai letto così. credo fosse più delusione estrema, al massimo inacidita. poi non so, forse l'amore del lettore lo riscatta.

sergio pasquandrea ha detto...

io ho avuto il mio primo periodo montaliano con gli Ossi: avevo quattordici-quindici anni; poi un secondo con le Occasioni e, in parte, con la Bufera (che comunque conosco poco): e non sono sicuro che sia ancora finito.
però credo sia arrivato il momento del periodo-Satura.

lillo ha detto...

chi entra in satura, secondo me, non ne esce più. a suo rischio e pericolo. :)

Anonimo ha detto...

Un po' come la discesa al nucleo dell' inconscio in "Deliverance"...

:-)


Francesca