Ho appena letto che è morto, ieri, il poeta Tomas Tranströmer. Quando muore un poeta ognuno che ami la poesia si porta dietro un suo ricordo particolare legato ai suoi versi. Io ho il mio, relativo a un regalo comprato in aeroporto, sull’onda dell'istinto, da parte di un amico che mi salutava. Io gli regalavo una dedica su un mio libro e lui, che non aveva il mestiere della penna (eppure mi scriveva lettere bellissime), scelse un libro, a naso, fra le ultime novità editoriali: Tranströmer aveva appena vinto il Nobel ma, come di solito, in Italia restava uno sconosciuto. Nemmeno io lo conoscevo, ma il mio amico scelse bene, e quei versi così aspri mi piacquero. Oggi che non so più come scrivere in versi e cerco nuovi modi per farlo, credo che tutto ciò che ci rimane di un poeta sono proprio le sue poesie, non il suo ricordo di uomo, ma il meglio che è riuscito a esprimere per tutti, quell’attimo in cui l’umano e il trascendente condividono lo stesso spazio. Così in omaggio a Tranströmer e per il mio amico che non vedo ormai da tanto, ripubblico e condivido anch’io, con tutti, due poesie da quel libro.
CONTESTO
Tu guarda l’albero grigio. Il cielo delle sue fibre, fluito
giù nella terra –
resta soltanto un cielo raggrinzito
quando la terra ha bevuto. Spazio rapito
si torce nel groviglio di radici, si avvita
al verde. – I brevi istanti di libertà
salgono dentro di noi, turbinano
nel sangue delle Parche e oltre.
OCCHI DI SATELLITE
Terreno aspro, nessuno specchio.
Solo gli spiriti elementari
possono specchiarsi: Luna
e Glaciazione.
Vieni nel fiato del Drago!
Nubi pesanti, vie brulicanti.
La pioggia mormora d’anime. Delle
caserme i cortili.
1 commento:
di tutte le cose che la poesia può esprimere, l'asprezza è la qualità che prediligo. e di tutti i poeti che nascono e muoiono la natura ne faccia alberi. viva la poesia. per l'eternità.
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