Per cominciare leggo un racconto di Sandro Veronesi, sperando di invogliarli. Il racconto parla di un tipo che scopre che la sua ragazza gli ha messo le corna. Allora lui che fa? Prende un cacciavite, salta sul motorino e parte verso Galleria Borghese, per sfregiare l’Ultima Cena di un pittore rinascimentale di cui non ricordo il nome, perché andare a vedere quell’opera è stata l’ultima cosa bella che lui e la sua ragazza hanno fatto insieme e lui vuole distruggere il ricordo.
Mimmo, che stranamente, per tutto il mio preambolo e la prima parte del racconto, se n’è rimasto rattrappito e taciturno sulla sedia, come una molla pronta a scattare, quando sente del quadro comincia ad agitarsi e poi a urlare, si alza e lancia oggetti per la stanza. Non si fa! Non si fa! Non a Gesù Cristo! Non si sfregia Gesù Cristo! Ma come si permette questo!
Servono tre persone per calmarlo. Poi chiedo a tutti di scrivere un racconto “in risposta” a quello di Veronesi. Lo chiedo anche a Mimmo che prima si nega, poi tentenna, alla fine accetta chiedendomi dove vive questo Veronesi. Roma presumo, gli rispondo.
Così Mimmo si mette al lavoro, rattrappendosi ancora una volta sulla sedia, all’angolo del tavolo, tutto concentrato sul foglio e puntando ogni tanto la penna verso qualcuno nella stanza. In poco più di mezz’ora scrive, a mano, un racconto di sei pagine in cui, con furia inaudita di samurai, dà corpo alla sua lista nera in un bagno di sangue che comincia a Martina Franca e finisce a Roma, riassumendo trent’anni di sfiga e di soprusi subiti dal prossimo.
Immagina così, in una sorta di trasfigurazione robocopiana, che gli spuntino armi dal corpo, dalla braccia, dalle gambe, dagli occhi, persino dai muri, dalla strada, dagli oggetti intorno, senza tregua. Una mattina esce di casa, a Martina Franca, e comincia a far fuori tutti coloro che nella vita gli hanno fatto un torto, dirigendosi implacabilmente verso Roma.
Quel droghiere che non gli ha dato il resto due anni fa – BANG! – il tabaccaio che non gli ha fatto credito sulle sigarette – BANG! BANG! – il tipo che nei ’70 gli ha tagliato la strada mentre andava in bici – BANG! – la tipa che a quindici anni lo ha tenuto sull’amo per un po’ senza farci nulla – BANG! BANG! BANG!
Alla fine, dopo sei pagine intrise di pura violenza tarantiniana che più volte scatena gli applausi della classe, Mimmo raggiunge Sandro Veronesi, lo lega alla sedia, gli mette dell’esplosivo sotto la sedia, lo maltratta un po’ per farlo friggere nella sua paura di scrittore che ha pestato i piedi a qualcuno che sta più in alto di lui. Poi lo fa saltare in aria, riducendolo in atomi. E conclude così il suo racconto:
“E sappia, il signor Sandro Veronesi, che Gesù è buono, e lo ha già perdonato. Ma io NO.”
“E sappia, il signor Sandro Veronesi, che Gesù è buono, e lo ha già perdonato. Ma io NO.”
3 commenti:
mai finire nella lista nera di Mimmo!
Questa è la critica più appropriata che mai abbia letto alla prosa di Veronesi! Bravissimi Mimmo e il suo maestro di scrittura!
Voglio aggiungere che questo episodio serve anche bene a illustrare l'oceano che, al di là dei risultati, corre fra un'ispirazione autentica (Mimmo) e una stentata e farlocca (Veronesi).
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