Stamattina, complice l’incontro che ho avuto con lei alcuni giorni fa, mi sono riletto Madre d’Inverno, l’ultima raccolta di Vivian Lamarque, adorabile anche come persona. E devo dire che il mio giudizio non è cambiato di molto. È un libro carino. Punto. Ben scritto, ma non all’altezza di Teresino, né del Signore d’oro. Il che non significa nulla, per lei. Non è che ogni volta uno scrittore deve per forza tirar fuori il capolavoro. C’è anche l’esigenza, per crescere, di scrivere libri come questo, molto personali. Il problema in effetti non è della Lamarque, che ha fatto il suo lavoro con la solita onestà, ma di chi la osanna. Di chi la premia ai concorsi o ne scrive panegirici sui social senza aggiungere un “ma”. Ogni volta che su una testata o a un concorso premi un libro così ignorando l’opera di un altro, magari di un giovane che ha scritto un libro migliore – folgorante proprio come fu Teresino all’epoca – condannandolo a un oblio più o meno lungo, tu ammazzi la cultura con la tua ascia da boia incappucciato, caro critico scrittore o giornalista. E se non lo sapevi, ora te l'ho detto.
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