Mi scrive un giovane poeta per informarsi meglio del concorso che stiamo promuovendo, Luce a Sud Est. Il bando dice chiaramente che si vince (se si vince) la pubblicazione. Ma lui mi chiede (se vince) se invece gli diamo un premio in denaro. Gli rispondo che no, da regolamento si vince solo la pubblicazione, che comunque per noi ha un costo in denaro. Lui mi dice che della pubblicazione, oggi che ci sono i social, non sa più che farsene, gli basta il suo profilo con più di 5000 amici, quindi preferirebbe avere, se si potesse, il corrispettivo dei costi di stampa in denaro. Infatti, aggiunge, lui ad oggi non ha ancora pubblicato un solo libro ma tutti i giorni pubblica una poesia che ha decine di like. Gli basta quello. Gli dico che va bene, ho chiara la situazione, rispetto le sue scelte, ma noi al vincitore diamo per regolamento la pubblicazione: io non posso fare eccezioni e lui può benissimo partecipare a un altro concorso. Ma lui non demorde, e mi risponde che si è scocciato, perché è convinto di essere bravo, come dimostrano le decine di like che prende per i suoi versi, e si meriterebbe di vincere premi più importanti di quelli che danno in genere ai concorsi per poeti inediti (se va bene 150-200 euro), cioè in soldini i premi che si danno ai concorsi grossi dove ci si presenta con una pubblicazione (dalle 1000 euro in su). Ma se prima non pubblichi un libro, gli dico, a quei concorsi non accedi, è un processo scalare, di crescita anche sul piano del prestigio editoriale. Lui però è deciso, pieno di fervore non vuole pubblicare, lo trova un sistema vecchio e poco democratico, anche perché i concorsi sono tutti truccati. Eppure, se per quello che scrive gli basta la conferma dei social, allo stesso tempo vorrebbe anche una conferma economica, senza però passare dalle librerie. Insomma, continuiamo a rigirare sulle stesse corde per mezz'ora circa. Poi si scoccia di sentirmi dire che non caccio un euro per il concorso (se lo vince) e smette di rispondermi.
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