Stamattina
sono andato in studio e ho trovato Mario dell'alimentari a fianco ad
aspettarmi con due pacchi di libri. Dice che il corriere ha sbagliato e
li ha lasciati a lui, così i libri per un paio di giorni sono finiti
confusi con la farina e i salumi del banco frigo, un po' a sfatare
l'idea che fra poesia e pane non c'è interazione possibile. Sono stato
in dubbio fino all'ultimo se far uscire questo libro, perché sto sempre
più entrando nell'idea che quello che ho da dire come poeta non serve a
niente, quindi tanto vale non dirla. Se ho pubblicato quest'ultimo
volume è stato per due motivi, uno perché ha insistito molto Roberto R. Corsi
e due perché il libro è dedicato a Enzo Cervellera e agli altri amici
perduti negli ultimi mesi. Lo vedo soprattutto come un omaggio a loro.
Ma per il resto, come poeta, non voglio più entrarci in questo
meccanismo del cazzo che è il mercato della poesia e se farò un libro di
poesie in futuro sarà sempre così, da snob, senza cazzate come prezzo
di copertina, distribuzione, percentuali e vendita, le lascio agli altri
queste cose, le lascio al mio alter ego editore. Io come autore voglio
essere libero, libero anche di non vendere se mi gira. Infine, il titolo
viene dal verso di una poesia di Francesco Tomada.
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