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giovedì 6 aprile 2023

il mondo nuovo

Il nuovo mondo, 1982, di Ettore Scola è il suo secondo film in costume (dopo Passione d’amore dell’anno rima), il primo di un dittico che fa un dichiarato omaggio alla storia francese (seguito l’anno dopo da Ballando Ballando che Paolo Conte avrà adorato) e l’ultimo firmato dallo sceneggiatore Sergio Amidei. Vi si narra il viaggio di una serie di avventurieri durante gli ultimi giorni della Rivoluzione francese. Il film è lungo, a volte divaga un po’, ma rimane bellissimo, intenso e leggero insieme, pur nelle sue imperfezioni. Data la produzione, il cast è internazionale e assai ispirato, ma su tutti giganteggia Marcello Mastroianni che fa Giacomo Casanova dopo essere stato snobbato per la stessa parte da Fellini. Qui va detto che il Casanova di Mastroianni è una creatura stanca, crepuscolare e malinconica, di grande fascino umano ed è esattamente tutto ciò che non voleva Fellini dal proprio Casanova, volutamente vuoto ed esangue, pre-morto, per cui scelta del più “freddo” e “meccanico” Donald Sutherland. Ma il personaggio più curioso rimane quello del cantastorie che apre la storia con un siparietto teatrale, interpretato da Enzo Jannacci (lo straordinario Jannacci di fine anni 70 - primi anni 80) che vestito da arlecchino e si inventa una lingua tutta sua nella migliore tradizione di Dario Fo. Ecco, Jannacci in effetti non c'entra veramente nulla col resto del film, ci sta solo per il gusto di starci, e anche di questo “capriccio” dobbiamo ringraziare Ettore Scola.

martedì 9 agosto 2022

la grande mona

 
Federico Fellini, The Great Mouna, schizzo per il Casanova (1975). La Grande Mona per Fellini è più del sesso di una donna, ha a che fare col mistero visto con gli occhi dell'infanzia, qualcosa a metà fra la lasciva gigantessa di Baudelaire e il sacro ventre della balena di Giona. Non a caso il modello per il suo Casanova non furono le Memorie del celebre avventuriero (che odiava, "uno stronzone" lo descrisse) ma il Pinocchio di Collodi. Mistero talmente sfuggente da definire che per un solo film commissionò dei versi a ben due poeti così diversi come Tonino Guerra e Andrea Zanzotto che da questo lavoro ricavò (riscoprendo, su sollecitazione del regista, il fascino tutto materno, sensuale, femminile, della lingua dialettale) un'opera atipica come Filò, da cui viene il disegno.