Oggi in posta, mentre facciamo la fila, il duca mi parla di Paoluccio, scampato all’epatite da piccolo, senza famiglia, scappato dai monaci che ne hanno abusato, poi venuto a vivere in paese. Si arrangiava facendo il portatore d’acqua. All’epoca non c’era l’acqua corrente nel borgo e lui si caricava un grosso recipiente sulle spalle e la portava nelle case. Era povero, solo, vestito male. Era analfabeta, eppure l’aveva toccato la poesia. I pochi soldi che metteva da parte li investiva nell’edizione a fascicoli della Divina Commedia illustrata da Doré. Se la studiava per ore, accarezzandone le pagine con gli occhi, poi la sera, dopo il lavoro, la portava al duca e ad altri vecchi e se la faceva leggere a voce alta. “Quante cose che ci sono nel mondo!” diceva, scoppiando in lacrime ogni volta, e si consolava così, d’essere non un ramo storto sulla terra, ma parte di una grandezza tale, che c’era bisogno anche di lui perché fosse completa.
7 commenti:
grazie di questa storia, antonio.
tu mi hai fatto piangere Lilluzzo
seguirò le orme sul pavimento, lasciate dall'acqua e dalle suole sporche di Paoluccio perchè il suo pensiero è pieno e pesante di verità come il recipiente che si portava in groppa
semplicemente commovente
aspetto il libro in cui comparirà questo racconto
sarà il prossimo, in uscita a luglio
:)
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