Spesso il male di scrivere ho incontrato:
era negli eunuchi laureati che reclamano
una cattedra nel mondo riciclando
sistemi collaudati senza un briciolo d’idea,
era nei poeti brizzolati che regalano
pensieri brufolosi ad amanti senza scopo
rimpiangendo giovinezze mai accadute,
era nei nostalgici ubriachi ma già pronti
ad orge illetterarie e sanguinanti
che bruciano candele come vita, ed era
nei grigi segretari loro padri
che rimediano alla noia col vuoto
e si gonfiano testardi negli uffici, emorroidi
impettiti di poesia. Bene non seppi,
fuori della loro petulanza a rimarcare
la comune indifferenza dei colleghi
blasonati, quanto di sincero v’era in loro,
morti e già dimenticati persino
nel respiro. O se non fosse ancora un vezzo,
l’ansia puerile di non esserci, il rifiuto
ad accettarsi né nuovi né veri, e nemmeno
destinati, nella propria impurità, al ricordo
di chi resta. Creature, sì, di pena,
ma soltanto per la loro piccolezza.
1 commento:
è che bisogna dire le cose in faccia, come sempre!
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