Detto in parole semplici: una poesia d’amore è l’anima di qualcuno messa in movimento. […]
È l’alterità, quindi, a produrre l’opportunità metafisica. Una lirica d’amore può essere bella o brutta ma offre al suo autore un’estensione di sé, ovvero – se la poesia è eccezionalmente bella o se l’innamoramento duraturo – l’autonegazione. […] Di regola le poesie d’amore sono scritte in fretta e non sono sottoposte a vistose revisioni. Ma quando si raggiunge una dimensione metafisica, o almeno quando si raggiunge l’autonegazione, allora realmente si riesce a distinguere la danzatrice dalla danza: una lirica d’amore dall’amore e, quindi, da una poesia che parla d’amore, o che dall’amore prende forma.
Ora, una poesia che parla d’amore non insiste sulla realtà dell’autore e raramente impiega la parola «io». Parla di quello che il poeta non è, di quello che percepisce come differente da sé. Se la poesia è uno specchio, quello specchio è piccolo, e posto a una distanza troppo grande. Riconoscervisi richiede, oltre all’umiltà, una lente la cui risoluzione non distingua tra l’osservare e l’essere ipnotizzati. Una poesia che parla d’amore può avere come suo soggetto praticamente tutto: l’aspetto della fanciulla, i nastri nei suoi capelli, il panorama dietro casa sua, nuvole di passaggio, cieli stellati, qualche oggetto inanimato. Potrebbe non avere niente a che fare con la fanciulla: potrebbe descrivere un incontro tra due o più personaggi mitologici, un mazzetto di fiori appassiti, la neve sulla banchina di una stazione ferroviaria. I lettori, comunque, sanno di leggere una poesia plasmata dall’amore grazie all’intensità dell’attenzione dedicata a questo o a quel dettaglio dell’universo. Perché l’amore è un atteggiamento nei confronti della realtà – in genere di un essere finito nei confronti di qualcosa d’infinito. Da qui, l’intensità determinata dalla consapevolezza della natura provvisoria del proprio possesso. Da qui, il bisogno di esprimere quell’intensità. Da qui, la ricerca di una voce meno provvisoria della propria. Così entra in scena la Musa, la donna più antica, meticolosa in materia di possesso.
La famosa esclamazione di Pasternak, «grande dio dell’amore, gran dio dei dettagli!» è toccante esattamente a motivo della totale insignificanza della somma di quei dettagli.
[Iosif Brodskij, Profilo di Clio, Adelphi 2003]
1 commento:
"o che dall’amore prende forma"
tutto sta qui
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