Poco fa stavamo impaginando con Marina Cito l’ultimo libro di Sergio Pasquandrea, Approssimazioni e Convergenze, e Marina, che stava rileggendo le note di copertina si è fermata su una parola che non conosceva: “asintoto”. Io ho fatto lo sborone e gliel’ho spiegato come se fosse una cosa facile facile, ma pure io prima di lei sono andato a cercarla sul vocabolario. La verità è che Sergio è una delle poche persone che conosco che considero nettamente più intelligenti di me, così le note di copertina del suo libro, invece di scriverle io come faccio con tutti gli altri, le assegno direttamente a lui, così non sbaglio. Cos’è dunque un asintoto? È una linea diretta verso qualcosa che si spinge all’infinito, ma che per colpa di leggi più grandi di lei non ci arriverà mai. Quando l’ho letta mi ci sono riconosciuto e mi sono commosso. Ecco, allora, un buon motivo per cui si dovrebbe leggere il libro di Sergio. Commuoversi pensando a come siamo piccoli, inutili, e folli, eppure incapaci di fermarci a rimuginare sui nostri limiti, tesi come siamo verso l’altro, verso il sogno, verso l’infinito, anche sapendo di non poterlo mai toccare.
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