C’è una cosa che ho letto su Leonardo Sciascia, ma non ricordo da parte di chi, se Claudio Giunta o Camilleri o un altro. La cosa è questa: i giudizi critici o giornalistici di Sciascia, le sue letture del “contesto” erano e rimangono fra le più acute e lungimiranti della sua epoca – pochissime volte Sciascia ha sbagliato, come hanno dimostrato i fatti, la storia – perché Sciascia interpretava il mondo alla luce non della nuda cronaca o del comune buonsenso, ma delle sue altissime letture: Stendhal, Voltaire e gli Illuministi, Manzoni, Pirandello, infallibili perché trascendevano il presente attraverso il poetico. Per quanto se ne possa discutere – ci dice Sciascia – i libri sono necessari a chi voglia intravedere certi fili nascosti, non sono un lusso, non un passatempo, e allo stesso tempo i libri non portano nulla di buono a chi li legge, proprio come dimostra Sciascia che fu spesso attaccato in vita per le sue posizioni “non allineate” e poi santificato in morte, perché finalmente messo a tacere dal ciclo naturale degli eventi.
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