mercoledì 22 dicembre 2021

punti di vista

 Ieri pomeriggio ero alla Feltrinelli a Bari con un'amica in vacanza. Eravamo davanti allo scaffale della poesia, e lei si diceva stupita di quanto fosse fornito, perché dove vive lei, a Bologna, nelle librerie di catena non c'è un settore di poesia altrettanto rifornito. Per lei era una meraviglia. In compenso io guardavo lo scaffale e mi rendevo conto che qualcosa non andava, qualche titolo buono lo avevo già (l'antologia di Bassani) ma fra gli altri, quasi tutti classici o antologie o la sempiterna Szymborska, non c'era un solo titolo ad attrarmi, non uno a stuzzicarmi il gusto, avevo un intero scaffale a disposizione e non me ne piaceva uno, era la morte della libido del mio lettore interiore. Ho rimpiano di non essere da Millelibri dove, quelle volte che passo da Bari, qualcosa di bello trovo sempre. Stamattina però ho guardato la classifica dei 10 poeti più letti di Interno Poesia, che secondo me è sempre un bel termometro del gusto perché è un blog assai visitato anche dai non addetti ai lavori, e anche se mancano ancora i primi due posti, mi sono accorto che a parte Alessandro Celani * gli altri poeti più letti dell'anno sono tutti morti da un pezzo, classici o quasi. Mi ha inquietato. L'ho visto come un parallelo di cosa oggi vuole il pubblico dalla poesia: bei versi levigati nella fine degli altri. Fine che prima arriva quanto meno li leggi, in un meccanismo perfetto (quasi cristologico) che parte dall'indifferenza, passa attraverso la solitudine, la depressione e la morte, e arriva perfettamente scarnificato alla riscoperta e ad un amore postumo e assoluto ("io sempre amato!" è la frase più gettonata di chi ama l'ormai cadavere poeta). Che fare? mi chiede l'amico poeta rassegnato. Nulla, siediti e aspetta, gli rispondo. La morte di certo, con tutti i suoi lettori allegati, arriverà anche per te.

*Poco dopo aver scritto questo post mi hanno informato che anche Celani è morto pochi mesi fa.

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