Visualizzazione post con etichetta firenze. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta firenze. Mostra tutti i post

domenica 19 marzo 2023

la macchia

Guardando le immagini di Palazzo Vecchio imbrattato di arancione mi i sono appena ricordato della mia prima azione dimostrativa, attuata contro le forze di potere di casa mia, ovvero mio fratello appena nato, che mi toglieva tutte le attenzioni dei miei genitori quando avevo tre anni. Non mi andava proprio giù, così presi una scatola di pastelli a cera e imbrattai i muri di casa con quello che a conti fatti fu la mia prima opera d’arte, un pastrocchio a colori che si stendeva in basso lungo tutta la parete del salotto e per la quale mi presi due sonori schiaffoni da mio padre da cui mi derivò, in tutte le foto dell’epoca, l’espressione ferita e piena di triste rassegnazione per il destino che mi aspettava di eterno secondo, pur nella mia primogenitura, verso mio fratello. Dopo mia madre si sforzò a lungo di lavarla via, senza mai riuscire a cancellare del tutto quella macchia, che rimase lì come traccia di quel mio primo malessere esistenziale, ma sparì dalla nostra vista soltanto anni dopo, quando cambiammo casa.

lunedì 10 febbraio 2020

paese che vai...

Ieri ho scoperto, parlando con un illustre dantista, che il sommo poeta, sopratutto in tarda età, ovvero intorno ai 50, oltre a essere tutt'altro che pacificato nei bisogni della carne, aveva il gusto per le giovani ragazze e pagava profumatamente per deflorarle, con ancora più gusto se poteva esercitare lo ius primae noctis con quelle in età da marito. Si parla, visti i tempi, di giovani di nemmeno vent'anni. E mi chiedevo se i puristi della letteratura moralizzata, sapendolo, direbbero che questo è un comportamento abbastanza sconveniente, tanto da essere meritevole di censura della Commedia a scuola, oppure visto che, inferno per inferno, sempre di corna si tratta (degli altri), se ne può andare fieri e lieti per il Paese di Dante sì, ma pure di Boccaccio.

domenica 9 febbraio 2020

dante mi manchi


santa trìnita

C'è un ragazzo nero con un lungo cappotto nero che ascolta Gil Scott-Heron e mangia un gelato seduto al sole, accanto a me, sul ponte di Santa Trìnita. Quando finisce il gelato prende il telefono e un libro che ha in tasca e scatta una foto alla pagina del libro allungando il braccio per riprendere sullo sfondo Ponte Vecchio. Poi avvicina il telefono alla bocca e con italiano incerto ma corretto canticchia alla persona dall'altra parte: Quanto ti ho amato e quanto ti amo non lo sai...