“Ma perché vi ostinate a partecipare ai concorsi di poesia? – scrivono alcuni – I concorsi sono tutti truccati, oppure delle pagliacciate. E i poeti veri i concorsi non li guardano nemmeno, leggono i grandi e scrivono le loro cose per sé.” Sarà così, ma io so che la storia della poesia è piena, da sempre, di concorsi e di liti anche epiche fra i “poeti veri” per i premi in denaro: la mia preferita resta quella di Giorgio Caproni e Giovanni Giudici che al premio Viareggio 1988 contestarono la vittoria di Raffaello Baldini dicendo che la sua, che scriveva in dialetto di Santarcangelo, era una lingua “ignota”. Alla faccia della sportività dei poeti. C’è anche un’acidissima leggenda metropolitana che raccomanda di non partecipare mai a un concorso ogni qualvolta Milo De Angelis pubblica un nuovo libro perché tanto a quel punto li vincerà tutti lui. Uno mi dirà che Milo non ne sa nulla, che è tutta colpa dell’ufficio stampa di Mondadori. Ma io non ho mai sentito di De Angelis abbia che si sia sdegnato della cosa e detto: “Madonna, come li odio questi concorsi letterari, dove mi danno 1000, 2000, 5000 euro per aver scritto il mio libro, nono dateli a un altro, io preferisco restarmene a casa a tradurre Lucrezio.” Scrivo questo post contraddicendomi, perché dopo averli visti/vissuti a me i concorsi stanno mediamente antipatici ma non trovo giusto negarli ai miei autori, anzi di recente me ne sono scordati un paio a cui mandare dei libri e mi sento in colpa. Per fortuna che i concorsi sono sempre lì e li recuperiamo l’anno prossimo, sperando che Milo nel frattempo non pubblichi nulla.
Poesie, pensieri e fotografie di Vitantonio Lillo-Tarì de Saavedra, in arte Antonio Lillo ovvero Antonio Hammett
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martedì 31 maggio 2022
lunedì 19 ottobre 2020
giudici e i giovani
Stamattina
mi ha chiamato una simpatica poetessa che, fra le altre cose, leggendo
come siamo subissati di proposte, mi ha raccontato un delizioso aneddoto
su Giovanni Giudici di cui fu amica. Giudici, che era severissimo con
gli altri così come lo era con se stesso, a chi gli proponeva
manoscritti in lettura, spezzava sempre le gambe. Solo così si separa il
grano dalla crusca, chi ci prova per priscio da chi, nonostante tutto,
vuole scrivere e basta, rimboccarsi le maniche e lavorare ancora e
ancora sui versi. "I giovani, diceva Giudici, vanno scoraggiati".
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