mercoledì 10 aprile 2013

time after the world

Non che lo adori, ma in linea di massima trovo che sia ingiusto chi dice che Miles elettrico, quello degli anni’70 e ‘80, non avesse più nulla da dire. Per quanto alcune derive pop, soprattutto negli anni ’80, lascino perplessi, ci sono molte belle cose nel repertorio dell’ultimo Miles, soprattutto nei dischi dal vivo. In particolare, oggi ho ascoltato una raccolta di pezzi live che ripercorre i suoi ultimi tre anni di vita (dal 1988 al 1991): si intitola Live Around the World ed è stupenda, con un suono brillante e molto funky ma assolutamente Miles, quella sottile vena di amarezza e ostinazione che caratterizza i suoi lavori migliori, che ammalia senza possibilità di replica. Dura un’ora e dieci questo disco, e non si sente proprio. In assoluto, per me, la cosa più bella della seconda parte della sua carriera.

4 commenti:

sergio pasquandrea ha detto...

Ti dirò anche di più: il Miles nel periodo 1969-1973 raggiunge uno dei suoi picchi di creatività, paragonabile secondo me a quella del 1955-1959 (primo quartetto) e a quella del secondo quartetto di metà anni Sessanta.
E parlo di roba tosta come "Bitches Brew", "Jack Johnson", "Live-Evil", "On the Corner". Che infatti è detestata da molti fan jazz di tendenza più tradizionale.
E ti dirò di più: le cose più belle di questo periodo non sono mai state pubblicate ufficialmente: si tratta di materiale live, disponibile in forma di bootleg, che vede protagonista il cosiddetto "lost quintet" con Shorter, Chick Corea, Dave Holland e Jack DeJohnette.
E' appena uscito un box Columbia con registrazioni del 1969 che, per quanto ne so, è l'unica testimonianza ufficiale di quel periodo:
http://www.npr.org/2013/01/30/170662462/a-1969-bootleg-unearths-miles-davis-lost-quintet

Musica assolutamente visionaria.
Il Miles anni '80 lo conosco poco, però ho sempre trovato "Tutu" molto interessante, nonostante sia più un'opera di Marcus Miller che non di Miles.

Anonimo ha detto...

WOW....
Ci vuole proprio, sono in fase musicaiola: rientro ora stringendo tra le mani due biglietti per De Gregori, riWOW :-)


Francesca

Marco Bertoli ha detto...

Il Miles degli anni Settanta (si ritirò dal mondo nel 1976) è una cosa; quello degli anni Ottanta (vi ricomparve nel 1981) è un'altra, molto diversa e molto triste: come avrò anche già avuto modo di dirti, io lo vidi nel 199O o '91 e fu la mia più triste esperienza di frequentatore di jazz.

lillo ha detto...

sì, vero, in effetti forse si dovrebbe parlare di terzo miles, o chissà quanti miles ci sono... però sto disco è bello, forse perché è una raccolta del meglio e non un concerto intero. ma secondo me vale la pena.
poi paradossalmente il primo miles che ho ascoltato io è proprio l'ultimo. ho cominciato dagli anni '80, attraverso il rock e poi sono finito al jazz. tutto sommato il buon miles si era fatto bene i suoi calcoli sul modo in cui conquistare nuovi fans.

francesca, viva la musica! :)

sergio, oggi mi devo ascoltare un live che si chiama agartha, di quegli anni, poi ti dico che ne penso.