domenica 25 maggio 2014

riflessi condizionati

Colpevolmente in ritardo mi ritrovo a leggere e a recensire questo piccolo libro di Nicola Simoncini (Cascina, 1975), Riflessi condizionati, edito da Samuele Editore. Dico colpevolmente per due motivi, non solo perché mi era stato consigliato già da tempo – ma i miei tempi di lettura sono parecchio dilatati –, ma anche per il vivo e sincero piacere che ne ho provato. Simoncini ha dalla sua la notevole capacità di dire le cose in maniera piana, spesso divertita, con una serenità inusitata nella poesia odierna tutta tesa o verso una drammaticità senza uscita, oppure tutta rintanata in se stessa e nelle proprie nevrosi, o più spesso combinando questi due elementi in un mix, alla lettera, micidiale, per quanto spesso affascinante. Già dall’incipit della raccolta invece, in quel “io non sono un Poeta” che rimanda alla lezione scanzonata, a tratti sperimentale del futurista Corazzini, c’è la chiara volontà di non prendersi troppo sul serio, non nel ruolo di vate, almeno; invece ritroviamo, di testo in testo, la conferma di una approccio gioioso per quanto romantico, alla vita, della visione tutto sommato pacificata di chi è venuto a patto coi suoi demoni. In più Simoncini, si vede, ha letto e letto molto e inanella citazioni con perizia estrema – ma senza mai risultare oscuro o appesantire i versi –, in poesie in cui la parafrasi stessa diviene elemento giocoso per quanto significante: “lo stillicidio di parole” che ritorna in ben due composizioni è un buon esempio di come si possa recuperare in chiave nuova persino l’abusata eredità di Montale, che d’altronde ha così poco a che a fare con la poetica di Simoncini. Il verso è sempre controllato, così come il vocabolario, ricercato ma nitido, l’uso della rima perfetto, mai banale, ma anzi spesso virato in chiave ironica, a stemperare la drammaticità di taluni passaggi. L’atmosfera che si respira in questo libro è sempre rarefatta, talvolta malinconica talvolta pungente, ma sempre colloquiale, mai ombrosa. Opera, insomma, che forse non assurgerà al capolavoro, ma sempre gustosa, irriverente e dolcissima, da leggere appunto nelle giornate di sole. 
   
CHIMICA

Forse, precipitando in un bicchiere,
diverrà solido, un giorno, questo cuore.
Coagulerà e avrà sostanza anche il dolore
che si disperde mescolato ad un sorriso.
Non so se, evaporando in un ricordo,
diverrà gromma questa gocciola di sera.
Inerte osservo dissociarsi il giorno
mentre l’amore è una reazione e una catena.

NON TOGLIERE

Non togliere, ti prego, la tua mano
ora che il mondo sprofonda nell’ombra
e il cielo è un reticolo di nubi.
Solca con le dita la mia fronte
e sbroglia ragnatele di pensieri.
La mente è una matassa inestricabile,
un dedalo e un abisso che spaura.
Ti amo di un amore che non tace.
Il mio metro è l’assenza di misura.

LEZIONI DI VOLO (A MIA FIGLIA)

da quando il tempo t’assomiglia,
il presente non ha più misura,
né più mi fa paura fendere il vento
col dorso della mano. Così
ogni corrente che raccolgo può farsi
piuma o lama di coltello. Amare è il taglio
più profondo. Feriti però si vola meglio.

2 commenti:

amanda ha detto...

belle!

marian. ha detto...

questo "Feriti però si vola meglio." meriterebbe una lunga chiacchierata con Simoncini. Ci vorrebbe uno di quei vecchi caffè letterari però in versione moderna.