Scrive Alberto Casadei in uno degli infiniti interventi sul futuro della poesia che in questi giorni intasano i giornali: “Ho sempre considerato molto significativo, sui destini della poesia in Italia, un piccolo episodio raccontato da Mike Bongiorno in una sua intervista televisiva. Pare che, quando presentava «Lascia o raddoppia», un giorno capitasse negli studi Giuseppe Ungaretti, che il giovane Mike non conosceva nemmeno di nome. Notò comunque il grande ossequio che tutti i tecnici e in generale i presenti profondevano verso questo signore già un po’ attempato, e capì che anche lui si doveva adeguare. La nuova cultura massmediatica e quella umanistica s’incrociarono per un momento, e la seconda riceveva ancora il massimo rispetto dalla prima.” Poi l’autore prova a descrivere, in breve, gli infiniti danni che la Scuola della seconda metà del secolo scorso ha inflitto alla nostra cultura umanistica e fa delle proposte condivisibili ma che non interessano a nessuno che comandi. Mi verrebbe da dire che oggi l’Italia è piena di Mike Bongiorno che si credono Giuseppe Ungaretti (e spesso frequentano Lettere). Addio mio Novecento.
L’articolo di Casadei si può leggere QUI.
1 commento:
costruire percorsi... a partire dalla scuola. Questo è il primo passo sicuramente. Ma chi sono quasi tutti gli insegnanti oggi? Un esercito di mediocrità senza amore. Pennac nel suo "diario di scuola" si appella proprio a questo sentimento così SPUTTANATO e reso SUPERFICIALE per formare nuove generazioni capaci di credere in qualcosa di più profondo delle effimere espressioni dell'esistere. La poesia non può essere colta se si resta in superficie. Occorre tenere, e tenerla finchè ti manca il fiato, la testa sott'acqua.
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