Leggo adesso che due giorni fa è morto Péter Esterhàzy, scrittore ungherese di cui devo la conoscenza a una raccolta di scritti di Mimmo Pastore, che abbiamo pubblicato in Pietre Vive tre anni fa. Mimmo dedicava una intera sezione del suo libro (Fuori fuoco) a un libro di Esterhàzy (Una donna), che faceva suo e rielaborava in chiave postmoderna. In quella sezione, così come nel libro dell’ungherese, veniva esplorato in maniera volutamente frammentaria il complesso rapporto fra i sessi, senza che comunque si potessero trovare risposte adeguate a tanta complessità. Esterhàzy, matematico passato alla scrittura, voleva forse dimostrare quello che, per istinto, intuiamo già tutti: che la somma di uno più uno nella coppia non dà mai perfettamente due, ma sempre qualcosa in più o qualcosa in meno. In quello scarto si nasconde il mistero dell’amore. Non so se ci sia mai riuscito, magari in altri libri, non l’ho letto abbastanza da poterlo dire. Fatto sta che da quel suo libro restammo tutti invischiati in Pietre Vive. E tutti ci siamo cimentati, prima o poi, a scrivere su quell’arcano della coppia, continuando nella scia della sua opera e partendo dal suo celebre incipit: «C’è una donna». L’unico postulato della formula prima di abbracciare il caos.
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