Abbiamo diritto a un ultimo amore salvagente
che sollevi la nostra vanità di amanti e la sconvolga
in baci umidi e amplessi elementari dei corpi – mi diceva
la donna con cui mi masturbavo al telefono a 999 km
di distanza e mi chiamava dongiovanni. Non più corpo
ma voce ansimavo al telefono con forza e ansimava
lei con me nuda allo specchio e questo solo ormai
era l’amore a noi corrisposto. Non altro
mi diceva a 666 km un’altra che si odiava e
odiava gli impegni che la tengono a distanza
da queste cose umane – intuire comprendersi
chiamare anche solo per dire come stai e
non lasciarsi mai soli a parole. Vivo al km 0
del mio dolore e mi risveglia ogni mattina il mio gatto
– ho questa fortuna – che mi riporta indietro dal sonno
mordicchiandomi un dito con dispetto e a nulla valgono
i rimbrotti gli acciacchi l’accidia la malmostosa
inclinazione per l’altro che si aspetta in cambio un gesto
una ferita solo per dirsi vivo. Ma – chiede iracondo
il gatto – che ci resta senza quello? Rispondo:
Nulla. Nulla mai. Il silenzio. Il resto è quello. – E poi
si scatena la tempesta.
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