Ombre ammonitrici, di Arthur Robison è un film muto del 1923. Tutto funziona “allo specchio” in quest’opera, persino il suo autore è un raro esempio di regista americano emigrato in Germania. Il film, da poco restaurato, ha perso nel tempo le sue didascalie restando completamente muto, senza nemmeno una battuta, ma questo ne aumenta il fascino. Tema dell’opera sono le ombre e le illusioni che da esse scaturiscono, che ingannano o rivelano. La storia si svolge quasi completamente in unità di tempo e luogo, durante una lunga notte in un castello dove convergono una serie di ospiti, uno dei quali è l’amante della moglie del signore del castello. Il quale li scopre, accidentalmente, attraverso le loro ombre che sembrano toccarsi: quello delle ombre è un inganno ottico che mostra però qualcosa di reale. Con la complicità di un illusionista il proprietario organizza, nella migliore tradizione shakespeariana, uno spettacolo di ombre cinesi – cinema nel cinema – attraverso cui svelare la tresca. Qui però, in una scena di grande fascino visivo, l’illusionista agitando il portacandele fa una vera magia, le ombre degli invitati prima si ritirano e poi si rovesciano, il filtro del film passa dall’ocra al violaceo, e gli stessi ospiti si ritrovano proiettati nei propri incubi dando corpo alle loro pulsioni sanguinarie. Il proprietario del castello, pazzo di gelosia, diventa coi suoi due servi l’aguzzino della moglie, mentre gli ospiti che fino a poco prima spasimavano per lei si fanno a loro volta suoi assassini. L’opera potrebbe già finire qui, ma per le convenzioni dell’epoca la notte finisce e tutto torna come prima in una sorta di pseudo riconciliazione dei due coniugi. Il colpo di teatro finale Robison lo dà negli ultimi minuti, quando rompe l’unità sopra accennata e il mattino dopo gli ospiti frastornati, dopo essere usciti dall’illusione del mago, escono anche dal castello, ritrovandosi proiettati nella realtà del mercato, dove uno dei contadini prova a vendere loro i suoi prodotti, un altro si lascia scappare un maiale che li travolge. Dal sogno notturno amplificato dalle illusioni del cinema alla realtà più prosaica del giorno.
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