Ieri Nicola Lagioia ha rilanciato sulla sua bacheca Fb una intervista di Alessandro Baricco sul Fatto Quotidiano in cui Baricco, partendo dalla sua idea di storytelling riesaminava la situazione italiana in maniera talvolta approssimativa talvolta assai affascinante, perché in sostanza Baricco (e questo da sempre) dà l’idea di filtrare tutta la realtà su un piano fortemente, quando non esclusivamente, letterario, che ad alcuni può piacere ad altri no, ma è il suo modo di affrontare la vita e va rispettato. Lagioia suggeriva a Baricco di cambiare punto di vista, adottando il metodo Steinbeck, ovvero tastare con mano la realtà di cui si parla, spingersi in profondità nelle piaghe sociali e ritrovare in esse una umanità che sarà pur sempre letteraria ma fatta di carne e sangue. È un contrasto vecchio quanto la storia, quello che vede gli artisti scegliere di muoversi su un piano verticale, come Steinbeck, i cui estremi toccano insieme cielo e terra in un continuo saliscendi teso a superare le distanze, i limiti, toccare insieme fango e stelle, ovvero un piano orizzontale, come Baricco, sospeso fra cielo e terra in perfetto equilibrio formale e sensualmente spirituale. Non è che uno sia migliore dell’altro, perché ognuno soddisfa dei palati e delle esigenze diverse, visioni talvolta opposte. Tommaso Pincio, molto giustamente diceva che quello di Baricco è linguaggio da salotto (salotto borghese che nulla ha a che fare con le strade polverose di Steinbeck) proprio come possono esserlo i film di Woody Allen o i romanzo di Proust, il che però non è un titolo di demerito, c’è dell’ottimo salotto in giro così come dell’ottima strada, eppure salotti e strade che è meglio evitarsi. Ciò che mi è venuto da chiedermi, però, affacciandomi anch’io su questi discorsi, è dove sto messo di preciso, e se sono più un poeta di strada o da salotto, o invece un ibrido, un bastardino da salotto. Certo è che il salotto mi appartiene, ma credo sia inclinato, non sta precisamente in equilibrio e nemmeno in verticale, né saprei definire quali sono i gradi di pendenza che mi caratterizzano. E anche se di Baricco mi importa assai poco come compagno di stanza (ma di Allen sì, ad esempio) tutta questa storia nata per caso ieri sulla bacheca di Lagioia, mi affascina parecchio, perché mi racconta di nuovo della continua ricerca, letteraria e personale, che ciascuno di noi deve affrontare per definirsi umano.
Mi ha risposto Tommaso Pincio: Ho tirato in ballo la questione del salotto perché avevo visto un film di Allen la sera prima. Pur restando un aspetto pertinente, può risultare depistante rispetto al nocciolo della questione che resta per me il fare di ogni cosa materia di storytelling, ovvero non oggetto di conoscenza (come nel metodo Steinbeck auspicato da Nicola) ma strumento di persuasione, seduzione, creazione di consenso. Questo era il punto, per me.
2 commenti:
A me Baricco piace come affabulatore, adoro come racconta l'opera lirica, come racconta lui i libri nessuno mai, ma poi, quando lo leggo, in bocca resta poco, non mi sazia.
Tu, un bastardino da salotto? A noi i meticcetti piacciono assai
tu sei un poeta perchè hai occhio da poeta e anche se non sono nessuno per dirlo sei poeta punto e basta. In quanto tale direi che il tuo salotto sta ben piazzato in strada. Chiunque passa può accomodarsi sul divano a fare due chiacchiere. Un bel salotto senza pareti, un salotto in una periferia post industriale come in mezzo ad un pezzo di terra dell'antenato tal dei tali. E a tutti coloro che vogliono distinguere i due contesti dico che non v'è nulla da dividere in poesia. La bellezza può trovarsi ovunque anche quando canta cose tristissime.
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