domenica 16 febbraio 2020

l’impresa più difficile

Stamattina, a letto, mi è tornato in mente un litigio che ci fu alcuni anni fa fra mio nonno e un lontano parente venuto a trovarlo, in cui mio nonno rimproverava il parente di lavorare per un altro, in ufficio. E il parente, che invece era fiero del suo lavoro di prestigio, rimproverava mio nonno di aver vissuto tutta la vita nei campi, nella fatica e nella sporcizia, piegato sulla zappa sul suo pezzetto di terra senza futuro, e senza mai guardare oltre. Ma mio nonno, l’unica volta che ha guardato oltre era stata in guerra, da soldato, e non aveva più intenzione di tornarci là fuori. Soprattutto, diceva, quella terra era sua, proprio sua, se l’era comprata col lavoro. Per lui, ch’era stato sotto padrone da bracciante, l’unica libertà possibile era quella, avere il tuo pezzetto di terra, non prendere ordini da nessuno, anche vivendo di poco. Sia mio padre sia mio zio, in maniera diversa, hanno preso da lui, infatti mio padre andando da operaio in ferrovia ha sofferto per vent’anni come un cane alla catena, bestemmiando ogni singolo giorno di vita, e mio zio, che un impiego vero non l’ha mai cercato, ha sempre vissuto di espedenti in nome di quella libertà senza padroni. Mio nonno gli diceva che è il lavoro a farti libero. Però la sua pensione, una volta che la forza gli è finita, era un’infamia, una truffa, una miseria, indegna persino di un bracciante. Alla fine non gli restava più nulla, e quel poco di terra, poi, mio zio se l’è venduto. Però mio nonno era testardo e rimase sempre fissato sulle sue idee, anche davanti al parente che non aveva torto affatto quando gli chiedeva: Come si può vivere alla giornata, senza un piano? Ma persino mio fratello, che di piani ne fa tanti – e cerca di convincermi da anni a chiudere la casa editrice, prima di finire come nonno – non fa che saltellare da un posto all’altro incapace di fermarsi, con la differenza che lui si fa pagare anche l’aria che respira, per il solo fatto che il lavoro va pagato. Insomma, pensavo stamattina, questa cosa che mio padre e mio zio hanno imparato da mio nonno, e che mi ripetono con rabbia fin da quando ero bambino, che cioè per essere liberi si devono eliminare i padroni, ormai l’ho capito da tempo che è una gran bella frottola, ma come per tutte le frottole smettere di crederci è l’impresa più difficile.

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