«Lodo l’amore delle cameriste» diceva il poeta: ma intendeva il fare all’amore: semplice, sbrigativo e rinfrescante come il bere un bicchier d’acqua nell’arsura; senza complicazioni e conseguenze di sentimento. Evento non trascurabile, nella letteratura italiana, questa irruzione delle cameriste. Ce n’è una che porta i messaggi della padrona, e quando la padrona manda il messaggio che non può venire all’appuntamento, ecco il poeta subito consolarsene: «M’accende il riso della bocca fresca, / l’attesa vana, il motto arguto, l’ora, / e il profumo d’istoria boccaccesca. / Ella m’irride, si dibatte, implora, / invoca il nome della sua padrona: / “Ah! Che vergogna! Povera signora! / Ah! Povera signora!”. E s’abbandona». E non è la sola: c’è anche quella di casa, diciottenne, «fresca come una prugna». Il poeta, insomma, andava sodo: per dirla banalmente.
(Leonardo Sciascia, 1912 + 1, Adelphi, 2013)
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