venerdì 18 novembre 2022

la poesia nel cinema

Leggevo il post di un professore che diceva che forse non è che è venuto meno l'amore per la poesia, ma semplicemente si è spostato il bisogno di poesia verso forme espressive più moderne e in linea coi gusti del pubblico, e faceva l'esempio di un film che aveva visto, di Pupi Avati, pieno di poesia, ma ci si potrebbe mettere in mezzo anche la musica. Il che da una parte è vero, e vale anche per il romanzo (perché comprarsi un libro a 18 euro quando con la metà di quella cifra mi posso abbonare a un canale di streaming e guardarmi tutte le fiction che voglio); dall'altra va detto che cinema e musica sono forme d'arte con propri codici e non è detto che, al di là dell'aggettivo "poetico", gli interessi il paragone/dialogo con la poesia come forma d'arte e con la sua storia (per fare un esempio, un Quentin Tarantino fa cinema postmoderno basato sui B movies fra cui gli spaghetti western, ma dubito che gli freghi qualcosa di rapportarsi con Mario Luzi o con Montale, o con Dereck Walcott, per fare il nome di un grandissimo poeta americano che invece Montale lo sapeva a memoria). Ma per fare un film servono soldi, tanti soldi, persino per fare il più stupido dei video serve una videocamera e un PC, devi sapere usare qualche programma di montaggio, così come per fare una canzone serve uno strumento e delle casse, un impianto, banalmente una presa elettrica, un accordatore. Ecco, per fare una poesia, ed è uno dei motivi per cui mi piace tanto la poesia, bastano un quaderno è una penna, 1 euro in tutto (un po' come fa il protagonista di quel film bellissimo che è Paterson). O come in certi paesi del Medioriente, basta la voce e un po' di buona memoria. La poesia, come pratica, è una delle forme d'arte più alla portata di tutti che ci sia. Poi certo, la puoi voler pubblicare e quello è un altro paio di maniche. Ma del resto, si sa, stampare un libro non implica fare poesia, così come girare un film non implica fare del cinema.

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