A fine mese mi hanno chiesto di fare una lezione in una scuola su tre poetesse. Due me le hanno proposte loro e la terza ce l'ho messa io. Antonia Pozzi, Amelia Rosselli e Claudia Ruggeri. Loro mi hanno proposto le ultime due, io ci ho messo la Pozzi. Tutte e tre si sono tolte la vita, la Pozzi e la Ruggeri prima dei trent'anni. La Rosselli e la Ruggeri vivevano nella loro particolare lingua, con la Ruggeri che però aveva anche una fortissima attitudine performativa. La Pozzi viveva nel mondo (meglio ancora in un mondo naturale e solitario, ma sereno), la sua poesia era altrettanto perfetta nella sua maggiore semplicità perché non scavava nella propria carne ma guardava fuori, si stupiva di continuo. E ti stupisce che una ragazza le cui poesie sono scritte fra i 17 e i 26 anni abbia una tale proprietà di linguaggio, e uso il termine proprietà apposta, perché il suo vocabolario non era poi così ricco, né così ricercato, semplicemente sapeva mettere le parole giuste al posto giusto, poche semplici parole dove servivano e che danno sempre ai suoi testi questo senso di autenticità luminosa e ampia, immediata. E di modernità. Raramente i testi della Pozzi sembrano datati e anche in questo la scelta di un vocabolario essenziale ha fatto la sua parte...
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