Mi capita spesso di discutere con gli autori in merito alle copie da stampare del loro prossimo libro. Più o meno succede così. Ogni volta che valuto un libro se penso che quel libro non venderà più di 50 copie ne stampo 200. Se penso a 100 copie ne stampo 300, e così via. Ma, salvo rari casi, non vado mai oltre le 400 copie. Loro mi chiedono ogni volta perché non ne stampiamo 1000, il numero perfetto. Perché 1000 non le vende quasi più nessuno, dico io che conosco i numeri, quello è un retaggio del secolo passato, di quando la gente comprava i libri, o i dischi, e andava al cinema e a teatro, perché non aveva ancora i social e le fiction per riempire il tempo. Anche fra chi scrive e legge conosco poche persone che sanno parlarmi con competenza dei nuovi libri in uscita in un mercato definito selvaggio (e per cui non hanno mai abbastanza soldi, infatti non comprano, chiedono i libri in regalo e poi si lamentano che l’editoria non paga), però ne conosco a decine che sanno elencarmi tutte le fiction in abbonamento streaming che divorano a stagioni con annesse e puntuali notazioni critiche, perché se un mondo lo frequenti ti formi un gusto, e ne sai anche parlare. Anche questo è un segno dei tempi. A volte penso che gli autori non si accorgano nemmeno che è cambiato il loro/nostro tempo, sempre più stretto, marginale, e il loro è diventato uno spazio non di nicchia, ma di scarto. Non è nemmeno colpa loro, semplicemente alcuni vini sono per pochi palati, e ad altri piace la birra. Tu sei palato da birra o da vino? chiedo loro per consolarli. In genere si buttano tutti sul vino. Solo uno, una volta, mi disse di essere astemio e si offrì di rollare una canna.
Poesie, pensieri e fotografie di Vitantonio Lillo-Tarì de Saavedra, in arte Antonio Lillo ovvero Antonio Hammett
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giovedì 28 dicembre 2023
venerdì 22 febbraio 2019
la classifica
Due giorni fa è uscita per L’indiscreto una classifica di libri di qualità, allestita da esperti e “grandi” lettori, suddivisa per categorie. Per quanto riguarda la poesia, questa classifica mi pare fotografi bene qual è la situazione della poesia oggi in Italia. I primi dieci posti, infatti, sono occupati per metà da antologie (a cui aggiungo la ristampa di Brown Sugar di Veneziani, che a suo tempo fu un piccolo classico) che spesso provano a fare giustizia di personalità che in vita non ebbero la giusta visibilità (vedi Di Ruscio). E in cui un giorno, si spera, finiranno molti vivi che oggi scrivono ma non se le fila nessuno, manco i grandi lettori, che evidentemente sono più impegnati a fare i conti con le antologie dei passati. La poesia però, si sa, viaggia con tempi diversi. Così la ricognizione critica, che spesso è più brava a riesumare che incentivare i presenti e vivi. Unica grande eccezione: Valerio Magrelli, al primo posto con antologia (bellissima, per me), e al quarto posto con la sua ultima uscita (Il commissario Magrelli) che però è un libro minore, non certo il migliore della lista, anzi. Devo forse pensare, e nonostante gli scopi di imparzialità che la lista si impone, che anche qui il peso di un nome fa la sua parte? Il bello però arriva alla voce n.17, che riesce ad unire tutti gli estremi possibili tanto da essere degna di una mostra di Andy Warhol, nella capacità di appiattire ogni cosa su un unico piano semantico. Quella è la fotografia più perfetta di come è considerata la poesia oggi in Italia: un minestrone che accomuna ben dodici autori, dodici storie e scritture diverse, dove Franco Arminio e Paolo Fresu, Guido Catalano e Giampiero Neri stanno alla pari, perché tanto è sempre la stessa menata. Ecco, quando vedi queste cose, ti chiedi per un attimo perché scriviamo poesie, se alla fine il tuo lavoro rischia di essere buono come un altro, tanto buono da poter essere equiparato, nel gusto, a quello di un Neri o di un Magrelli, ma non abbastanza da avere la certezza che si sia capito perché. La risposta, ancora una volta, la dà una poetessa, Arundhathi Subramaniam (in un bel libro pubblicato da Interno Poesia), quando scrive che dieci persone le leggono, in ogni caso. Al di là di qualsiasi classifica.
mercoledì 19 aprile 2017
buon gusto
Tanto vale che lo dica: il modo di sviluppare il buon gusto in letteratura è leggere poesia. Se pensate che stia parlando per partigianeria professionale, che stia cercando di portare avanti gli interessi della mia corporazione, vi sbagliate: non sono un sindacalista. Il fatto è che, rappresentando la forma suprema di locuzione umana, la poesia non è solo il modo più conciso, più denso di trasmettere l’esperienza umana: essa offre anche gli standard più elevati per ogni operazione linguistica – specie su carta.
Più si legge poesia, meno si tollera ogni sorta di verbosità, nei discorsi politici o filosofici come nella storia, nella sociologia, o nell’arte della prosa. Il bello stile in prosa è sempre ostaggio della precisione, rapidità e intensità laconica del dettato poetico. Figlia dell’epitaffio e dell’epigramma, concepiti, sembra, come scorciatoie per ogni soggetto immaginabile, la poesia rappresenta la grande disciplina della prosa. Le insegna non solo il valore di ogni parola ma anche gli schemi mentali mercuriali della specie, le alternative alla composizione lineare, il trucco di omettere l’ovvio, l’insistenza sul dettaglio, la tecnica dell’anticlimax. Soprattutto, la poesia sviluppa nella prosa quell’appetito per la metafisica che distingue un’opera d’arte dalle semplici belles lettres. […]
Vi prego, non fraintendetemi: non sto cercando di screditare la prosa. L’essenza della questione sta nel fatto che la poesia è semplicemente più antica della prosa e quindi ha coperto una distanza maggiore. La letteratura ha avuto inizio con la poesia, con il canto di un nomade che precede gli scarabocchi di uno stanziale.
[Iosif Brodskij, Profilo di Clio, Adelphi 2003, pag. 81, 82]
domenica 22 gennaio 2017
la lista
Io ho un trucco. Quando da me viene uno dei tanti aspiranti poeti che mi propongono le loro poesie fintoleopardiane, oppure fintoamericane, o fintocanzonettistiche, o fintoavanguardistiche o fintopornoliberali, io tiro fuori la mia lista. Una lista di libri di poesia italiana che chi scrive versi dovrebbe conoscere per capire come si è evoluta la storia poetica o perlomeno il gusto del nostro paese dalla fine del secolo passato. Non dico averli letti tutti, ma almeno sapere che ci sono stati. Non sono necessariamente i più belli mai scritti, ma sono importanti e semplicemente non si possono ignorare. Sarebbe come voler fare giornalismo senza sapere chi era Montanelli, o dipingere senza conoscere Picasso. Magari ti ritieni un surrealista ma se non conosci Picasso e vivi in Europa sei anche un bel po’ ignorante. Sembra stupido, ma posso assicurare che la maggior parte delle volte chi viene da me non conosce la maggior parte dei libri nella lista.
Qualcuno prende la lista e comincia a cercare i titoli. La maggior parte va da un altro editore, perché leggere e mettersi in discussione è faticoso, doloroso e alcune volte anche inutile. Ovviamente anche leggere poeti stranieri è importante (Müller, Levine, Larkin, Strand ecc), ma la maggior parte dei lettori (me compreso) li legge in traduzione. Non è la stessa cosa, per chi voglia capire come funziona il verso italiano. Nella lista parto dall’idea che i grandi uno li abbia già letti (Montale, Sereni, Ungaretti, Caproni, Rosselli ecc.), altrimenti lasciamo perdere prima di subito. Questi i titoli che sono sulla mia lista:
Vivian Lamarque – Poesie 1972-2002
Patrizia Cavalli – Possibilmente tutto (altrimenti almeno Datura)
Ivano Ferrari – Macello
Valerio Magrelli – Geologia di un padre
Milo De Angelis – Tema dell’addio (ma anche Quell'andarsene nel buio dei cortili)
Franco Loi – Aria de la memoria
Raffaello Baldini – Intercity (ma anche Tonino Guerra e Nino Pedretti della Scuola di Sant’Arcangelo secondo me sono da leggere)
Giovanni Raboni – Barlumi di storia
Patrizia Valduga – Requiem
Cristina Campo – La Tigre Assenza
Franco Arminio – Cartoline dai morti
Salvatore Toma – Canzoniere della morte (che il realtà è il lavoro di un editor, Maria Corti, sulla produzione discontinua ma assai affascinante di un poeta matto e disperato)
Simone Cattaneo – Peace & Love
Sono titoli più o meno semplici da procurarsi. A parte loro ci sono molti altri poeti “laterali” che consiglio, come dicevo, partendo dalla persona e dai gusti: Lino Angiuli, Walter Cremonte, Tiziano Rossi, Antonia Pozzi, Francesco Tomada, Guido Oldani… la Merini in genere non la consiglio mai. Mentre, se dovessi aggiungere alcuni libri di grandi che bisogna assolutamente conoscere per capire come si è evoluta la poesia dalla fine del secolo passato, direi almeno:
Giorgio Caproni – Il franco cacciatore e Il Conte di Kevenhüller
Franco Fortini – Composita Solvantur
Andrea Zanzotto – Uno degli ultimi ma almeno Sovrimpressioni
Sandro Penna – Poesie (anche se ultimamente è uscito di catalogo)
Pier Paolo Pasolini – Scritti corsari (che è un libro di prosa giornalistica pensato e montato come una raccolta di poesie).
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