Mi capita spesso di discutere con gli autori in merito alle copie da stampare del loro prossimo libro. Più o meno succede così. Ogni volta che valuto un libro se penso che quel libro non venderà più di 50 copie ne stampo 200. Se penso a 100 copie ne stampo 300, e così via. Ma, salvo rari casi, non vado mai oltre le 400 copie. Loro mi chiedono ogni volta perché non ne stampiamo 1000, il numero perfetto. Perché 1000 non le vende quasi più nessuno, dico io che conosco i numeri, quello è un retaggio del secolo passato, di quando la gente comprava i libri, o i dischi, e andava al cinema e a teatro, perché non aveva ancora i social e le fiction per riempire il tempo. Anche fra chi scrive e legge conosco poche persone che sanno parlarmi con competenza dei nuovi libri in uscita in un mercato definito selvaggio (e per cui non hanno mai abbastanza soldi, infatti non comprano, chiedono i libri in regalo e poi si lamentano che l’editoria non paga), però ne conosco a decine che sanno elencarmi tutte le fiction in abbonamento streaming che divorano a stagioni con annesse e puntuali notazioni critiche, perché se un mondo lo frequenti ti formi un gusto, e ne sai anche parlare. Anche questo è un segno dei tempi. A volte penso che gli autori non si accorgano nemmeno che è cambiato il loro/nostro tempo, sempre più stretto, marginale, e il loro è diventato uno spazio non di nicchia, ma di scarto. Non è nemmeno colpa loro, semplicemente alcuni vini sono per pochi palati, e ad altri piace la birra. Tu sei palato da birra o da vino? chiedo loro per consolarli. In genere si buttano tutti sul vino. Solo uno, una volta, mi disse di essere astemio e si offrì di rollare una canna.
Nessun commento:
Posta un commento