Mi è capitato ieri di vedere due film, entrambi girati nel 1928, in cui emerge per la prima volta sullo schermo la figura di Louise Brooks, icona del cinema muto che divenne un modello di stile e di sensualità moderna, anticonformista, incestuosa e androgina insieme, stregando almeno due generazioni di spettatori, non ultimo Guido Crepax che a lei si ispirò per la sua Valentina. Il primo di questi film è A Girl in Every Port, commedia di Howard Hawks in cui la Brooks è già femme fatale, ma terza incomoda (e infedele) fra due amici che se la contendono nel classico triangolo amoroso; il secondo è l’assai più bello e interessante Beggars of Life, di William A. Wellman, che crea una strana mistura fra il Chaplin di The Kid e L’opera da tre soldi di Brecht. Nel film una ragazza ricercata dalla polizia per l’omicidio del suo stupratore (la Brooks, qui coprotagonista) si traveste da uomo (sembra un ragazzo in realtà, con tutte le ambiguità del caso), e si unisce a un hobo (Richard Arlen) che la adotta e se la porta dietro in viaggio sui treni merci o nei campi notturni improvvisati dai barboni intorno a un fuoco. Il film, considerati anche il genere e l’epoca, è abbastanza realistico, crudo e diretto, per quanto non scada mai nel dramma: comincia, ad esempio, mostrando un uomo a cui hanno sparato alla testa; in un flashback si allude allo stupro subito dalla ragazza; ancora, uno dei barboni si accorge che “il ragazzo” è una ragazza quando lei si piega in avanti e lui le guarda il culo; in un’altra scena i vari barboni la fissano immaginando di farle violenza di gruppo e organizzano un processo fittizio per decretare chi debba averla per primo; e fra gli altri c’è persino un nero! La pellicola ha buon ritmo e scorre con molto piacere perdendo qualcosa nel finale. Restano bellissime, in un bianco e nero pieno di luce, le scene di vagabondaggio o in corsa intorno ai treni, che rimandano tutte a una tradizione letteraria che va da John Steinbeck fino a Woody Guthrie. La Brooks, che per essere stata una vera star della sua epoca, ha girato pochissimi film, sbagliando clamorosamente quasi tutte le sue scelte artistiche (ad esempio rifiutando qualsiasi partecipazione all’avvento del cinema sonoro e così bruciandosi la carriera in patria), dopo questo girerà un altro film negli Usa, il noir La canarina assassinata del 1929 (ancora un ruolo minore in cui fa l’assassinata), poi volerà in Germania per legare il suo nome al regista George W. Pabst che le cucirà addosso il conturbante personaggio di Lulù in tre film splendidi su cui è stata costruita tutta la sua gloria postuma: Il vaso di Pandora e Diario di una donna perduta, entrambi girati da Pabst nel 1929; e Prix de beauté, produzione francese del 1930, scritto da Pabst con René Clair e diretto da Augusto Genina, in una vera e propria lavorazione internazionale che avrebbe dovuto spalancarle ogni porta del successo. Eppure nel 1931 la carriera della Brooks era già finita.
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