martedì 26 dicembre 2023

cinema e fascismi

Ieri ho visto due film del regista Georg Pabst, Il vaso di Pandora e Diario di una donna perduta, entrambi del 1929 ed entrambi con protagonista Louise Brooks, e pensavo che Pabst è stato uno dei pochi registi “fortunati” a non essere nato ebreo, per quanto considerato un “bolscevico”, così da non essere costretto ad emigrare in America, ma soltanto a girovagare per l’Europa alla ricerca di lavoro con l’avvento del nazismo, realizzando per sopravvivere molti pessimi film che ne rovinarono in parte la carriera. Buona parte del cinema di Weimar, il cosiddetto cinema espressionista tedesco, durato appena una ventina d’anni, a cui si devono molti dei primi capolavori del Cinema del 900 (da Metropolis a Nosferatu) venne realizzato da artisti confluiti dall’Europa dell’est a Berlino (proprio come il ceco Pabst), i quali poi da Berlino furono costretti a scappare dal nazismo, o perché ebrei (Lang, Wilder, Lubitsch, ecc.) o perché omosessuali (Murnau) o perché comunisti (Brecht). La maggior parte di questi registi, spesso ebrei, si rifugiarono oltreoceano a lavorare per Hollywood, richiamati da produttori ebrei che crearono così un vero e proprio impero basato su uno stile cinematografico che attingeva a piena mani dall’espressionismo tedesco per esplorare una nuova serie di generi (dal noir all’horror, dalla commedia sofisticata alla fantascienza) che modificarono completamente l’immaginario americano, spalancandogli ad esempio gli orizzonti del desiderio e del sesso, lì dove la cultura americana era (e rimane) profondamente bigotta e sessuofobica, tanto che in seguito a tali stimoli si ritenne necessario istituire un codice Hays apposta per censure tutto il censurabile. Cosicché l’America, proprio come la Germania, sviluppò degli anticorpi alle proprie pulsioni sotterranee (quelle che smuovono il pensiero) e cominciò a perseguitare proprio quegli artisti sfuggiti al nazismo, attraverso il Maccartismo, che fu un complesso meccanismo di denuncia in puro stile fascista, basato sul ricatto e sulla delazione, creato apposta dalla lobby WASP per spezzare le gambe alla lobby sionista, colpevole di essere arrivata a controllare la più grande fonte di condizionamento sociale e suggestione delle masse (i pecoroni americani) allora in circolazione: il cinema. Il quale, ancora condizionato da questa ventata di novità portata dai profughi europei, ebbe la forza di reinventarsi e rendersi “indipendente” per una ventina di anni ancora, prima di venire del tutto spazzato via negli anni Ottanta dalla televisione, mentre i registi emigrati o comunque non inquadrati vennero pian piano, con le buone o con le cattive, rispediti al mittente alla fine del conflitto, ovvero esiliati in Europa (vedi, ad esempio, John Huston, Orson Welles e l’inglese Charlie Chaplin).

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