domenica 24 dicembre 2023

una triste canzone di natale (che poteva essere ancora più triste)

Negli ultimi giorni mi sono studiato la storia, assai divertente, di un celebre standard di Natale, Have yourself a Merry Little Christmas, che almeno sul mercato americano è il sesto brano pop-natalizio più inciso di tutti i tempi, e non è poco. Molto del suo fascino agrodolce deriva dalla particolare mistura fra la malinconia della musica e l’ottimismo delle parole, le quali però sono il frutto di diversi compromessi produttivi successivi alla sua composizione. La canzone venne scritta in piena Seconda guerra mondiale, da un giovane compositore di Hollywood, Hugh Martin, che per età avrebbe potuto essere chiamato sotto le armi in qualsiasi momento; venne quindi scritta con l’ansia di dover partir soldato. Gli era stata commissionata per un film innocuo con Judy Garland, Meet me in St. Louise (1944), che parlava di una famiglia che si deve trasferire dal paesino a New York e dove lei è una ragazza che ha paura di perdere i vecchi amici e il fidanzatino (Tom Drake). L’idea della partenza alla base del film stimolò la vena creativa di Martin, ma ne venne fuori una canzone talmente triste (col primo verso che diceva “Cerca di passare un felice Natale, perché potrebbe essere l’ultimo”) che la Garland si rifiutò di cantarla e la canzone rischiò di essere cestinata perché invece l’autore la sentiva così sua che non voleva modificare il testo. A tal proposito ci sono due versioni della stessa storia su come poi vennero apportate le modifiche che ne fecero il successo commerciale che è diventato. In una, raccontata da Tom Drake (il fidanzatino della Garland nel film), Drake prese Martin sottobraccio e gli fece un discorso da adulto: “Senti, questa è una grande canzone ma non fare il testardo, lavoraci ancora, modifica il testo dove serve e vedrai che diventerà un successo”. Nella seconda, riferita da Hugh Martin, c’è Drake che lo afferra per il collo della camicia e gli sbraita contro: “Brutto figlio di zoccola, chi ti credi di essere? O aggiusti quella stronza canzone o giuro che ti appendo al muro!”. Non si sa di preciso come sia andata, fatto sta che Martin ci lavorò ancora, venendo incontro alle esigenze di produzione (col testo che da pessimista diventò speranzoso: “Datti la possibilità di passare un felice semplice Natale, lascia che il tuo cuore sia leggero, l’anno prossimo tutti i nostri problemi saranno finiti”) e la canzone rimaneggiata divenne in breve tempo così famosa, catturando evidentemente lo spirito del suo tempo, che lo stesso Martin, quando poi partì soldato per davvero e si scoprì che ne era l’autore, finì nel reparto musicale della sua compagnia, e non si fece un solo giorno di combattimento: quindi, possiamo dire, che la musica gli salvò la vita. A questo punto ci sarebbe da chiedersi se la sua canzone avrebbe avuto lo stesso successo se fosse rimasta fedele alle sue intenzioni esplicitamente malinconiche. Avrebbe toccato le stesse corde del pubblico? Chissà. Fatto sta che dieci anni dopo Frank Sinatra lo ricontattò perché voleva incidere una sua versione della stessa canzone, ma ritenendola ancora troppo triste, gli chiese di addolcirla ancora un poco, e Martin che aveva capito la lezione, seppur a malincuore rimise mano al testo. Così, coi diritti d’autore derivatigli da tutto questo lavoro che ha trasformato la sua canzone di Natale in un successo internazionale, ci ha campato il resto della sua vita.

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