domenica 10 dicembre 2023

illusione

Trovo sempre più inquietante/irritante, quando si rilancia un appuntamento legato alla presentazione di un libro, che si scriva, ci troviamo lì per "parlare" del libro. "Presentare" ormai è considerato triste e paludato, se lo presenti è una cosa troppo seria, impegnativa, per secchioni. E allora, più informalmente, "ne parliamo". E così si parla per un paio d'ore del libro, ci si mette eleganti, si fanno discorsi più o meno seri, più o meno frivoli, si fa i simpatici, si ride molto, ci si vende al pubblico che non compra il libro, compra te e quello pacchetto tutto incluso, e poi visto che ti ha comprato pretende di essere tuo amico, vuole che lo saluti per strada, e se domani ti rincontra che ti ricordi di lui/lei come lui/lei si ricorda di te, ti rinfaccia la dedica, e se non ti ricordi poi dirà che ti sei montato/a la testa. Ma il libro, invece, dovrebbe essere solamente letto; e se ne parli, cercando di non spoilerarlo troppo, è come se implicitamente ammettessi che il libro da solo non riesce a dire tutto quello che deve dire, non assolve al suo dovere che è, dovrebbe almeno, essere il discorso stesso. Vivere nonostante te, che gli fai ombra. Ma allora, se non ne dobbiamo parlare, come lo diciamo che il libro è bello e vale la pena comprarlo? Leggendolo, semplicemente, a voce alta. Prima di tutto quello, misurare il libro sulla tenuta della scrittura. Molti scrittori non chiedono che quello, non di essere simpatici, ma di essere lettori, leggere e basta. Si mettono lì e ti leggono il libro, una parte, magari raccontando qualche aneddoto su questo o quel passaggio, proprio come facevano i nostri genitori da piccoli, e se il libro è buono, proprio come da piccoli, il lettore dirà ne voglio ancora e lo comprerà, o dovrebbe almeno, soltanto per quello. (Ovviamente lo so che mi illudo).

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