Caro Guglielmo Minervini,
mi costa un po’ raccogliere le idee per scrivere una lettera che parla di me forse più di quanto vorrei. Eppure, nel suo piccolo, vorrei che questo fosse il primo passo per quell’impegno che ho deciso di prendere nei riguardi della sua campagna elettorale.
Sono nato nel 1977, ho 37 anni. Appartengo dunque a quella generazione che si è ritrovata a crescere nel peggior paesaggio politico possibile, sconfortante, per certi versi orribile. Ho conosciuto attraverso i miei genitori determinati ideali definiti di Sinistra, ma per quanto abbia votato a Sinistra per tutta la mia vita elettorale, quegli ideali non li ho mai visti applicati se non a slogan e chiacchiere preelettorali. E quanto alla Sinistra vera e propria l’ho vista prima agonizzare, poi non morire ma piuttosto trasformarsi nel mostro a due teste che è oggi. Credo in certi ideali insomma, non credo nella Sinistra. Ho creduto in Vendola e nel sogno di una Puglia migliore, ho deciso di restare qui invece di emigrare in un periodo in cui tutti mi davano del pazzo o peggio del vigliacco per una decisione insensata come volersi costruire un futuro in una terra senza più futuro. Ho vinto Principi Attivi con un progetto nel 2008 e sono rimasto. Non tutto è andato come avrebbe dovuto, il progetto non è sopravvissuto all’egoismo dei suoi membri, e col tempo sono stato deluso anche da Vendola. Ormai, già da un po’, mi annovero nel sempre crescente gruppo degli astensionisti, coloro che, pur credendo ancora in certi ideali, non credono più nel loro potere di intervenire sensibilmente sulla realtà. Non voto né mi sento responsabile dell’affondamento del Paese.
Eppure, allo stesso tempo mi sento a disagio. Se ci penso ora, a fronte dei cinici che mi davano del pazzo o del vigliacco, se penso alla Puglia di Vendola, la Puglia della poesia e delle idee in cui ho creduto con tutto me stesso, al punto da volerci creare una piccola casa editrice che quelle idee diffondesse a suo modo: la pazzia nella pazzia insomma, uno dei pochi che pur non conoscendomi ha voluto credere in me e nella mia generazione, nella nostra possibilità di fare, è stato lei, attraverso una serie di progetti concreti: Principi Attivi, Bollenti Spiriti, Ritorno al Futuro a cui abbiamo attinto a piene mani e che, pur con tutti i limiti o gli errori del caso, sono il meglio di quella stagione di idee, partecipazione e impegno. Dico stagione perché già adesso, a ripensarci, mi è sembrata una lunga primavera che ormai volge alla fine. O meglio, muta in altra stagione. E sta a noi capire se questa nuova stagione è l’estate piena, oppure l’autunno, perché l’estate ci è già sfuggita di mano senza che nemmeno ce ne siamo accorti.
Ecco perché, dopo averci pensato a lungo, ho deciso di restituire ciò che devo, e mettere da parte, per una volta, le mie motivazioni personali, la mia rabbia, la mia delusione, per contribuire come posso a questa svolta. Non avrò rimpianti se non andrà come dico, ma mi ci impegnerò. È una promessa.
La mia scommessa, quindi, è su di lei e su me stesso. Non a livello politico, ma più umano, personale. Non trovo sia giusto porre tante aspettative in una singola persona, ma sento che è l’unico modo in cui oggi io come tanti possiamo fare politica senza sentirci ancora delusi da un sistema. Per quel che mi riguarda non si tratta di quella sorta di leaderismo che ha rovinato la politica degli ultimi anni, ma è qualcosa più semplice, qualcosa che nasce dal rispetto, dall’amicizia, da ideali e visioni comuni e in cui non ci guardiamo da gradini diversi, con altezze differenti, ma alla pari, e la fiducia è reciproca. In qualsiasi altro modo avremmo già fallito in partenza.
Antonio Lillo
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