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martedì 2 agosto 2016

per minervini

Molti non lo sanno ma Guglielmo Minervini, prima ancora di fare il politico, era stato un editore, fondando una piccola e bella casa editrice, chiamata La Meridiana e il cui scopo era far libri «utili, necessari, perché c’è un problema vero e perché c’è un vissuto, una esperienza da comunicare». L’idea di essere utili agli altri attraverso il proprio vissuto, in maniera pratica, concreta, gli veniva dalla profonda ispirazione che su di lui aveva avuto la figura di don Tonino Bello, ed è sempre stata connaturata alla sua persona, ai suoi ideali, solo in seguito si è riversata naturalmente nella sua politica. Legare la parola «utilità» ai libri in una terra dove i libri servono al massimo come sottobicchieri, è stata la prima di tante rivoluzioni più o meno riuscite, ma dettate dalla passione, dalla convinzione che qualcosa in più si possa e si debba sempre fare.
Questa convinzione lo ha sempre accompagnato, sin da quando nel 1994, a 32 anni, divenne sindaco di Molfetta in una lista civica e provò, con successo, a ripulirla dalla Camorra, realtà talmente invasiva che, come disse lui stesso: «la si poteva toccare con mano». Nel 2005 venne eletto in Regione con Nichi Vendola. Molti lo ricorderanno perché quella vittoria segnò l’avvio del periodo più splendido, pur con tutte le sue imperfezioni, della nostra storia politica, tanto da meritarsi il soprannome di Primavera pugliese, esempio per moltissime altre realtà regionali ed europee. Di quella Primavera Minervini, per quanto meno appariscente di Vendola, fu uno dei protagonisti indiscussi. Tanto che la proposta più coraggiosa, più innovativa, venne da lui. Che diceva questa proposta? Diamo fiducia ai giovani, diamogli i mezzi, diamogli lo spazio. In una regione con un fortissimo tasso di emigrazione, di fuga dei cervelli, fu una rivoluzione epocale. È vero, non sempre i risultati hanno corrisposto alle promesse, dall’una e dall’altra parte, ma il senso di speranza, di possibilità, era altrettanto palpabile nell’aria quanto lo era stato, all’opposto, la presenza della Camorra che infettava Molfetta nei primi anni ’90. Il più grande capovolgimento che mai ci si potesse aspettare in Puglia nel giro di appena dieci anni. Anni preziosi per dare una nuova identità, e orgoglio, alla nostra Regione: soltanto per questo dovremmo essere tutti grati a Minervini.
Non tutto gli è andato sempre liscio. Ricordo, fra l’altro, che Minervini fu il primo a cercare di far luce nei conti occulti delle Ferrovie Sud Est, fallendo clamorosamente il colpo. Eppure mai, nemmeno fra i suoi detrattori, lo si è mai tacciato di malafede, o di disonestà, e anche questa direi, è una sua grande vittoria. Gli ultimi anni di Minervini sono stati minati da gravi problemi di salute. Eppure, fedele al suo credo, non l’ho mai visto piangersi addosso, mai, neppure nei momenti di maggiore fragilità. Una volta un amico scrittore lo definì così: «un uomo infinito in un corpo minuto». E posso dire che è la descrizione che più gli corrisponde. Molti di noi, della mia generazione, gli devono qualcosa, perlomeno in termini di fiducia. Sono sicuro che non verrà dimenticato.

domenica 31 agosto 2014

lettera a guglielmo minervini

Caro Guglielmo Minervini, 
mi costa un po’ raccogliere le idee per scrivere una lettera che parla di me forse più di quanto vorrei. Eppure, nel suo piccolo, vorrei che questo fosse il primo passo per quell’impegno che ho deciso di prendere nei riguardi della sua campagna elettorale. 
Sono nato nel 1977, ho 37 anni. Appartengo dunque a quella generazione che si è ritrovata a crescere nel peggior paesaggio politico possibile, sconfortante, per certi versi orribile. Ho conosciuto attraverso i miei genitori determinati ideali definiti di Sinistra, ma per quanto abbia votato a Sinistra per tutta la mia vita elettorale, quegli ideali non li ho mai visti applicati se non a slogan e chiacchiere preelettorali. E quanto alla Sinistra vera e propria l’ho vista prima agonizzare, poi non morire ma piuttosto trasformarsi nel mostro a due teste che è oggi. Credo in certi ideali insomma, non credo nella Sinistra. Ho creduto in Vendola e nel sogno di una Puglia migliore, ho deciso di restare qui invece di emigrare in un periodo in cui tutti mi davano del pazzo o peggio del vigliacco per una decisione insensata come volersi costruire un futuro in una terra senza più futuro. Ho vinto Principi Attivi con un progetto nel 2008 e sono rimasto. Non tutto è andato come avrebbe dovuto, il progetto non è sopravvissuto all’egoismo dei suoi membri, e col tempo sono stato deluso anche da Vendola. Ormai, già da un po’, mi annovero nel sempre crescente gruppo degli astensionisti, coloro che, pur credendo ancora in certi ideali, non credono più nel loro potere di intervenire sensibilmente sulla realtà. Non voto né mi sento responsabile dell’affondamento del Paese. 
Eppure, allo stesso tempo mi sento a disagio. Se ci penso ora, a fronte dei cinici che mi davano del pazzo o del vigliacco, se penso alla Puglia di Vendola, la Puglia della poesia e delle idee in cui ho creduto con tutto me stesso, al punto da volerci creare una piccola casa editrice che quelle idee diffondesse a suo modo: la pazzia nella pazzia insomma, uno dei pochi che pur non conoscendomi ha voluto credere in me e nella mia generazione, nella nostra possibilità di fare, è stato lei, attraverso una serie di progetti concreti: Principi Attivi, Bollenti Spiriti, Ritorno al Futuro a cui abbiamo attinto a piene mani e che, pur con tutti i limiti o gli errori del caso, sono il meglio di quella stagione di idee, partecipazione e impegno. Dico stagione perché già adesso, a ripensarci, mi è sembrata una lunga primavera che ormai volge alla fine. O meglio, muta in altra stagione. E sta a noi capire se questa nuova stagione è l’estate piena, oppure l’autunno, perché l’estate ci è già sfuggita di mano senza che nemmeno ce ne siamo accorti. 
Ecco perché, dopo averci pensato a lungo, ho deciso di restituire ciò che devo, e mettere da parte, per una volta, le mie motivazioni personali, la mia rabbia, la mia delusione, per contribuire come posso a questa svolta. Non avrò rimpianti se non andrà come dico, ma mi ci impegnerò. È una promessa. 
La mia scommessa, quindi, è su di lei e su me stesso. Non a livello politico, ma più umano, personale. Non trovo sia giusto porre tante aspettative in una singola persona, ma sento che è l’unico modo in cui oggi io come tanti possiamo fare politica senza sentirci ancora delusi da un sistema. Per quel che mi riguarda non si tratta di quella sorta di leaderismo che ha rovinato la politica degli ultimi anni, ma è qualcosa più semplice, qualcosa che nasce dal rispetto, dall’amicizia, da ideali e visioni comuni e in cui non ci guardiamo da gradini diversi, con altezze differenti, ma alla pari, e la fiducia è reciproca. In qualsiasi altro modo avremmo già fallito in partenza. 

Antonio Lillo

sabato 2 agosto 2014

sostiene minervini

"Il compito della letteratura che a me sta più a cuore è quello di entrare dentro lo spirito di un tempo. Oggi si spreca la letteratura ridotta a pura tecnica dello scrivere. E ce n’è anche tanta di scrittura tecnicamente ineccepibile, ma c’è poca letteratura, nel senso della migliore tradizione del nostro Paese, che produce strumenti attraverso cui cresce la coscienza dello spirito e del tempo che stiamo attraversando. Secondo me questa letteratura si produce soprattutto fuori dai ranghi, fuori dai contesti ufficiali, e si produce attraverso delle sperimentazioni, calpestando il terreno vergine, si produce fuori dai grandi centri letterari e dentro invece il territorio e le periferie. Per questo è intrigante il lavoro che state facendo a LOCOROTONDO perché è una specie di laboratorio di sperimentazione, dove ci sono molte tracce della letteratura possibile di cui abbiamo bisogno."

(Guglielmo Minervini)